ANDARE A ZONZO: UNA META O UNO SVAGO? IL VALORE DELLA LIBERTÀ  E DELLA CAPACITÀ DI  SCOPRIRE IL MONDO

A cura di Franca Mancini Caporedattore Scritturaviva La Voce del Recensore 

La locuzione “andare a zonzo” rende bene l'idea del passeggiare e vagare in uno spazio senza fretta e programmi. È un modo di dire che si inserisce perfettamente nella città passeggiata dal flaneur, il gentiluomo francese, che gira con tutta tranquillità per le vie cittadine sperimentando e provando emozioni nell’osservare il paesaggio. Questo termine francese, reso celebre dal poeta simbolista Charles Baudelaire, ricorda le strade in cui gironzolavano gli artisti delle avanguardie degli anni venti e dove costoro s’immergevano per meglio conoscere il tessuto urbano e per adattare l'arte tradizionale alle nuove e dinamiche complicazioni della vita moderna. Un comportamento rivoluzionario che, sia come strumento analitico sia come stile di vita, segna un evento parallelo a quello della figura del turista e del viaggiare. ‘Andare a zonzo’ per il mondo o più semplicemente per una città assume una grande importanza dal punto di vista psicologico: nel momento in cui decidiamo di esplorare nuovi luoghi o fare nuove esperienze si mettono in moto fattori che hanno a che fare con l'insieme delle nostre aspettative, dei nostri bisogni, motivazioni e desideri. Per questo motivo il perché farlo, per una meta o uno svago, ci dice inevitabilmente qualcosa di colui che lo intraprende. Esistono diversi modi per ‘fare il turista’ o per viaggiare – da soli o in compagnia, a breve o a lungo termine, riposati o strapazzati, spensierati o riflessivi – che consentono di entrare nel vivo della realtà che ci circonda. Qualunque sia la meta o lo svago, ogni percorso dovrebbe rispondere alla logica di una geografia emozionale, in cui sono le sensazioni evocate dai luoghi che rendono il viaggio una reale occasione di scoprire il nuovo e il valore della libertà di scelta. Una crescita personale che consente di vagabondare fuori dagli stereotipi e dai luoghi comuni e di scoprire il mondo con nuovi occhi. Può costituire un progetto di vita e uno stile esistenziale che privilegiano l’espandersi dei valori di ricerca e di scoperta, pur senza sapere esattamente cosa succederà. Si va alla ricerca di sé stessi in modalità creativa e positiva per rinnovare le proprie esperienze e forse diventare un po’ più saggi. La curiosità per ciò che si nasconde nella vita quotidiana, nei mercati, nelle mostre d’arte, nelle piccole chiesette, nei negozi di artigianato, sprona – per richiamare Baudelaire – il cuore del turista gentiluomo. ‘Andare a zonzo’ apre insospettati spazi di libertà e nuovi incontri, permette di sviluppare una nuova identità relazionale ed implica una ristrutturazione delle esperienze vissute, passate e presenti, arricchendole e trasformandole. Consente di privilegiare l’aspetto umano del viaggiare per conoscere la bellezza dei volti, sorrisi ed espressioni nuove. Un vero momento terapeutico di maturazione personale, dove la meta o lo svago si sovrappongono l’una con l’altro perché, in realtà, il vero viaggio dell’uomo – quando è pronto – non ha mai mete e confini. E poi… si può andare a zonzo anche con la mente, si possono smuovere molti pensieri e, senza paura, sentire le vertigini della libertà! Come movimento interiore del camminare per la città, noi psicologi lo interpretiamo così. Come pratica estetica, gli artisti contemporanei – riprendendo dal surrealismo-situazionismo – avrebbero da dire molto e molto altro ancora.