SCIALLA E POI SPLENDI
di Federica Storace
La terapia dell’amore
a cura di Simona Fiorucci
Esistono opere letterarie destinate a fare la differenza essendo capaci di penetrare nel profondo, lasciando un segno indelebile nel percorso esperienziale del lettore... E il libro di Federica Storace, Scialla e poi splendi (Pedrazzi Editore 2019, pagg. 108) ne è di certo un clamoroso esempio. Attraverso diciotto brevi ma intensi racconti l’autrice narra le vicende di adolescenti alle prese con il vivere di una realtà complessa. Sono storie che raccontano le difficoltà di giovani protagonisti che, inizialmente spaesati di fronte a situazioni nuove e problematiche, riescono, grazie all’amore di chi si è preso cura di loro in un momento particolare del loro vivere, sostenendoli e incoraggiandoli, ad affrontare dubbi e ostacoli e ad uscirne vittoriosi. Chi non conosce le insicurezze e i dubbi del mondo adolescenziale? Chissà quante volte avremo pensato che se nel momento del bisogno si fosse ricevuto il giusto intervento, attraverso l’amore, l’incoraggiamento e le attenzioni, di un genitore, di un insegnante, di un fratello, si sarebbe di certo diventati degli adulti più sicuri, responsabili, migliori, in grado di superare con maggiore successo le avversità. Lo stesso padre della psicanalisi Sigmund Freud diceva: «Noi siamo quello che siamo perché siamo stati ciò che siamo stati». Sembrerebbe uno stupido scioglilingua, invece, nel significato dello psicanalista e nelle successive interpretazioni di esperti dell’ambito psicopedagogico emerge tutta l’importanza della necessità di interventi, rivolti ai ragazzi in crescita, in cui alla base vi è, come pilastro indispensabile, l’amore. Federica Storace in questo libro mette tutta la sua esperienza, non solo di madre ma anche di insegnante. Situazioni personali difficili, sofferenze, dure realtà che hanno accompagnato l’autrice durante il suo percorso di vita sono state motivo di riflessione e, in seguito, di azioni nel modo di approcciarsi ai ragazzi in difficoltà che attendevano una carezza, una pacca sulla spalla, una frase, una parola che avrebbe cambiato il modo di vedere, percepire e affrontare con successo una situazione problematica. Tuttavia il libro della Storace non è, né vuole essere, un saggio per insegnanti o, appunto, un manuale didascalico di chi si mette sul podio istruendo. Del resto la capacità di saper osservare, leggendo i comportamenti empaticamente, nessun manuale è in grado di insegnarla. Si tratta di sentire, nel senso di avvertire col cuore; si tratta della capacità di accogliere i ragazzi senza giudicarli per comportamenti che ad una visione superficiale potrebbero apparire come delle mancanze, delle disubbidienze. Un esempio calzante è il primo racconto, intitolato la nota, in cui il protagonista, Andrea, si rivolge in modo sgarbato all’insegnante. «Rispondi in questo modo anche a tua madre?» aveva domandato la professoressa... e il ragazzo l’aveva mandata a quel paese. Andrea non viveva con la mamma. Sua madre l’aveva abbandonato trasferendosi in un’altra città per costruirsi una nuova vita. Il ragazzo viveva con il fratello ed il padre che non aveva mai tempo per lui. Un altro significativo racconto, ma ognuno racchiude in sé qualcosa di speciale, è Le sedie volanti e il Titanic narrante le vicende di Marco, un ragazzino autistico preso di mira da alcuni compagni di classe. La situazione cambia in modo radicale quando la diversità di Marco si trasforma in un’opportunità per l’intera classe. Ogni racconto è una storia di vita che si presenta nel quotidiano dell’insegnante Federica Storace la quale, mettendo da parte penna e registro, si avvicina con dolcezza ai ragazzi bisognosi infondendo loro coraggio e speranza. L’amore passa attraverso i gesti e le parole. Le parole, come scrive la stessa autrice, custodiscono interi universi. Possono uccidere o dare la vita, aprire orizzonti o stroncare speranze. I giovani d’oggi saranno gli adulti di domani e chi ha la responsabilità di seguirli ed educarli dovrà impegnarsi affinché venga assicurata la speranza in un futuro migliore, donando loro, appunto, amore. L’amore, qualcuno ha scritto, è la migliore medicina contro le difficoltà della vita ed è il motore dell’esistenza. Complimenti all’autrice che ha saputo concentrare in brevissimi racconti, quasi scatti fotografici, il senso e il significato di ciò che davvero è importante nei rapporti umani dove ognuno può donare qualcosa all’altro perché nulla vi è di più gratificante che essere d’aiuto a chi necessita. Un libro di spessore, destinato sicuramente a far palare di sé.
NOTE BIOGRAFICE DELL’AUTRICE
Federica Storace, insegnante di Lettere e Filosofia, vive e lavora a Genova. Sposata, madre di due figli, è impegnata in varie attività di volontariato educativo. Ha pubblicato due romanzi ad ispirazione autobiografica. Nel 2007 La famiglia non è una malattia grave, San Paolo Editore, nel 2010 Banchi di squola, Macchione Editore. Impossibili ma non troppo...storie di cuore e fantasia, 2017 Editrice Elledici, è la sua terza pubblicazione, la prima a quattro mani, con l’autrice Anna Maria Frison. Si tratta di una raccolta di storie, per lettori di tutte le età, grazie alla quale l’autrice ha organizzato diversi laboratori che hanno favorito significative ed originali esperienze nell’ambito di numerose manifestazioni culturali. Impossibili ma non troppo è stato presente per due anni al Salone del Libro di Torino ed a quello di Francoforte 2018. Finalista, quinta classificata, all’edizione 2019 del Premio Letterario “La Quara” con la short story Posta, Europa ed inaspettate avventure, al Premio Letterario Emozioni 2019 con il racconto Tripoli bel suol d’amore ed al Premio Letterario “Leggendo e Scrivendo” 2019 con il racconto per ragazzi Il ladro di sogni. Ha pubblicato, con Pedrazzi Editore, Roma, il suo nuovo libro, Scialla e poi splendi con cui racconta e si racconta ai lettori attraverso nuove storie, istantanee dei giovani d’oggi, in una realtà fatta di numerose contraddizioni ma comunque colma di attese e sogni da cogliere e realizzare. In quello che l’autrice scrive c’è ...tantissimo di lei, delle sue emozioni e della sua esperienza quotidiana ma non mancano fantasia e creatività.
INTERVISTA ALL’AUTRICE FEDERICA STORACE
Quando nasce la sua passione per la scrittura?
Ho sempre scritto, fin da ragazzina. Una passione che, evidentemente, era in me ed è cresciuta con me.
Cosa significa per Federica Storace scrivere?
Prima di tutto regalarmi la possibilità di fare qualcosa che mi piace tantissimo. Poi è una “necessità”, uno dei modi più congeniali al mio carattere per esprimermi e comunicare. Esprimere i valori in cui credo, raccontare le mie esperienze, inventare storie per “seminare” messaggi che mi sembrano importanti … Qualcuno mi ha insegnato: “Seminare bene il bene”. È un obiettivo ambizioso, io ci provo...
Con la sua opera, attraverso questi racconti, ha voluto trasmettere un messaggio in particolare?
In tutti i miei libri ho deciso, prima ancora di scriverli, quale era il contenuto che avrei voluto condividere con i miei futuri, eventuali lettori. Per quanto riguarda la mia ultima pubblicazione, Scialla e poi splendi, Pedrazzi Editore, il messaggio fondamentale che volevo comunicare, attraverso le storie vere, sbocciate dalla mia esperienza di insegnante ed educatrice, è quello di raccontare la realtà dei giovani d’oggi in un’ottica di speranza. Ogni ragazzo, ragazza di oggi, nonostante le numerose difficoltà con cui si devono confrontare, possono e devono arrivare a splendere afferrando e realizzando i loro sogni. Anche la raccolta di racconti precedente, Impossibili ma non troppo. Storie di cuore e fantasie, Editrice Elledici, aveva un “filo rosso” simile che accomunava tutte le storie: l’impossibile, tutto ciò che sembra non lasciare nessuna via d’uscita, in realtà può diventare una possibilità, una risorsa, l’opportunità di ricominciare. In questo libro, che tanto è piaciuto ai lettori e che ho scritto a quattro mani con Anna Maria Frison, i racconti sono “travestiti” da fiabe o favole. Ad un primo approccio possono sembrare per ragazzi invece, parlano anche agli adulti attraverso il linguaggio della fantasia.
Nel suo libro parla dei giovani e delle mille contraddizioni prendendo spunto da situazioni della sua vita personale…
Sì. Come accennavo prima si tratta di storie vere. La mia penna di scrittrice ha cambiato solo i nomi dei protagonisti, qualche dettaglio narrativo ma si tratta di giovani e della loro esperienza quotidiana che ho conosciuto e conosco davvero. E che ho condiviso e condivido profondamente.
Quanto è importante per lei promuovere le proprie creazioni letterarie?
Certamente molto. Dopo aver realizzato una creazione letteraria, diventa anche un desiderio, una passione condividere con altri questa esperienza. In particolare. non solo con le presentazioni, i firmacopie, la partecipazione a Premi e Saloni in campo editoriale, oggi, grazie ai social-media, diventa molto più facile, il contatto diretto con i lettori che condividono con l’autrice le loro impressioni sul libro. Perciò, spesso, si vive un confronto, un dialogo che, per me, è molto arricchente.
Quali sono gli ingredienti che, secondo lei, non dovrebbero mancare per fare di un libro un buon libro?
A questa domanda risponde prima l’insegnante che è in me. In un buon libro non dovrebbe mancare la correttezza formale, un attento lavoro di editing, una padronanza competente della scrittura. Questo è fondamentale per poter veicolare il messaggio del libro ai lettori. Poi credo sia molto importante la professionalità degli editori ed un rapporto di fiducia e collaborazione tra Casa Editrice ed autore. Altri ingredienti... l’originalità, un titolo accattivante, una bella grafica per la copertina e, possibilmente, contenuti significativi...
Quali consigli darebbe a chi volesse cimentarsi nella scrittura di un racconto o romanzo?
Di provare, gettarsi senza scoraggiarsi. Se si ha un sogno, bisogna anche correre il rischio di fare i conti con qualche delusione o fallimento ma ne vale la pena.
A proposito del suo libro...
Si tratta di una serie di brevi racconti. Storie vere, quasi "istantanee" dei ragazzi di oggi con i loro sogni, problemi, attese, desideri...nate dalla mia esperienza personale di maternità e dal mio quotidiano vissuto di insegnante. Sono vicende vere, quasi dei "flash", fruibili da parte dei lettori, sia che si tratti di un pubblico giovanile, che in queste vicende può specchiarsi e riconoscersi, sia per tutti coloro che sono interessati ad affacciarsi al mondo dei ragazzi d’oggi con tutte le sue ricchezze e contraddizioni. Storie che lasciano ampio spazio all'interpretazione e riflessione personale su vari piani interpretativi alla luce di quelle giovani generazioni che sono il nostro futuro ed il domani della società. L'approccio dei testi non è scientifico, divulgativo o pedagogico. Le varie tematiche (bullismo, uso dei social media, difficoltà di relazione, anoressia...) sono affrontate con garbo, ironia, serenità attraverso dei brevi racconti, storie che possono essere quelle di chiunque e che terminano con una riflessione-lampo, spesso condensata in una o un paio di righe, proprio perché, lungi dall'essere una fastidiosa morale, sia avvertita dai lettori come uno dei tanti spunti di lettura possibili, un varco su mille altre opportunità. Il tema di fondo, che fa da filo conduttore a tutte le vicende narrate, è la riflessione che ciò che resta fondamentale, anche in una società come la nostra, in grado di rispondere, persino di saziare apparentemente, ogni tipo di esigenza, è e resta l'amore. Di cui si parla forse tanto, troppo ma senza coglierne l’essenzialità ed il significato ultimo. Quel senso che ha in sé la potenzialità di trasformare ed indirizzare scelte ed esistenze. Forse anche l’intera società. I diritti d’autore del libro sono devoluti alla Onlus “IL NODO SULLE ALI DEL MONDO” che si occupa di disagio giovanile e sostegno educativo sia in Italia che attraverso progetti di cooperazione internazional.