L'ISOLA
CHE NON C'È
di Fabiano Pini
RIFLESSIONI IN LIBERTÀ
a cura di Chiara Biagi
Interessante, seria, riflessiva con spunti pedagogico-educativi ma anche goliardica vivace e fantasiosa è l’opera narrativa L’isola che non c’è… e altri racconti (Edizioni Il Molo, anno 2018, pag. 148, euro 15,00) dello scrittore Fabiano Pini. L’autore, già noto al pubblico grazie alle sue precedenti pubblicazioni di notevole rilievo, come l’opera letteraria Una corsa per la vita, in questa raccolta di sedici racconti intrattiene e conduce piacevolmente il lettore in quella sua particolare modalità comunicativa ricca di autenticità. Ed è proprio quest’ultima la caratteristica distintiva di Fabiano Pini, autore indiscutibilmente fuori dal comune, che con estrema nonchalance riesce a far passare velocemente il lettore dal riso alla commozione e viceversa. Quelli narrati dall’autore sono episodi, racconti di vita quotidiana che acquistano una connotazione distintiva grazie allo stile narrativo semplice, scorrevole, a volte grottesco, e accattivante con cui l’autore affronta i temi più disparati: l’amicizia, la nostalgia, il tempo, la conoscenza, la guerra, la vita, l’anzianità, la vita virtuale, la musica, i viaggi fisici e interiori. Lo fa con quella vena fantasiosa e umoristica capace di incuriosire, divertire e far riflettere il lettore. I vari argomenti trattati, che di primo acchito sembrerebbero non avere nulla in comune tra loro, sono invece legati a filo doppio alla parte più profonda del sé, quella che spesso mettiamo a tacere, quella capace ancora di meravigliarsi, scoprire, curiosare, sognare e domandarsi, tipica proprio dei fanciulli. L’autore sembra voler conservare questa parte preziosa rimanendo quanto più a lungo sospeso in quell’atmosfera di leggerezza dove tutto è possibile e realizzabile. Gli scrittori si sa vivono spesso in quella dimensione trasognata, come su di una nuvola, loro àncora di salvezza, dove ogni contatto con la realtà si annulla e il tutto prende vita attraverso una penna che, animandosi, come guidata da una forza esterna, “disegna” storie… e l’autore Fabiano Pini, capace di riconoscere e prendere quello che di più buono dona la vita, è molto bravo a farlo, regalando al lettore intense emozioni. La scrittura deve essere capace di “spogliare” lo scrittore stesso, di metterlo davanti ad uno specchio facendolo essere ciò che è. Del resto, come scrive Anais Nïn e come riporta lo stesso autore: «Se non respiri attraverso la scrittura, se non piangi nello scrivere, o canti scrivendo, allora non scrivere, perché alla nostra cultura non serve». Solo così lo scrittore riesce a coinvolgere e avvolgere il lettore nelle sue storie, disancorandolo dal tran tran della vita quotidiana e spostandolo in quella magica dimensione altra, una sorta di binario parallelo percorribile da chi è capace di sognare ad occhi aperti. L’autore ci riesce con una semplicità e naturalezza disarmante, motivato da desideri e speranze anche se spesso utopistici. Ciò che non può e non deve mancare ad uno scrittore è senza dubbio il coraggio di andare controcorrente, di arrestare quello scorrere del tempo sempre identico a se stesso, di guardare con occhi nuovi, di prendersi in giro, di sfidare il consueto per andare incontro all’insolito. Mostrarsi per quello che è, risulta la carta vincente del nostro autore che condivide la sua insofferenza quando scrive che «siamo trascinati in un immenso gorgo nel quale roteiamo per tutta la nostra esistenza terrena, ma se riuscissimo a fare un veloce salto attraverso quel gorgo… sono sicuro che troveremmo la nostra terra paradisiaca». La spontaneità e il coraggio di essere tale sono le basi che reggono tutti i racconti di questa interessante opera narrativa di Fabiano Pini. L’autore, sicuro di ciò che vuole raccontare, non si lascia per nulla “irretire” da ciò che è “lecito” esprimere o no in una società moralmente educata e osa lanciarsi con i suoi “fuori scena” gli “effetti ad arte” e la “spavalderia” della sua veridicità. Probabilmente anche il lettore più tradizionale, maggiormente legato alla serietà degli scrittori classici, non riuscirà a trattenersi dal ridere nello scorrere le pagine di qualche racconto dell’autore così come quello più “leggero” non mancherà di commuoversi e riflettere. Un libro per tutti, dunque, capace di condurre in quelle lande incontaminate (come nel disegno di copertina del libro realizzato dallo stesso autore) bagnate dal “Mare della ricchezza”, frastagliate dal “Picco della felicità” libere e rigeneranti dell'isola che non c’è.
INTERVISTA ALL'AUTORE
FABIANO PINI
Cosa significa scrivere per Fabiano Pini?
Aria da respirare! È divenuta una condizione imprescindibile della mia vita giornaliera. Non riesco a stare un giorno senza avere davanti a me un foglio con una penna o accendere il computer e continuare una frase vergata la sera precedente. La scrittura è veramente un’opera continua, capillare, dinamica che cattura la mente e non la libera fin tanto che non arrivo a scrivere la parola fine. Ma subito dopo, ricomincio…
Come nasce la sua passione per la scrittura?
Sono sempre stato attratto dalla scrittura, fin dai tempi della scuola. Con il diradarsi delle attività agonistiche come il rally e la subacquea, sentivo il bisogno di riempire quei vuoti con una disciplina più calma ma altrettanto adrenalinica. Raccontare storie mi permette di alimentare questa voglia forse ancora con più vigore di quegli sport tanto amati. La scrittura è riuscita a colmare gli spazi vuoti regalandomi ancora tanta adrenalina, che fa tanto bene al corpo e allo spirito.
Significativo il titolo della sua opera letteraria: L'isola che non c'è. Quale messaggio ha voluto trasmettere ai lettori?
Raccontare la quotidianità, la storia, fatti realmente accaduti, la vita nei suoi aspetti più umani e semplici toccando anche temi che affliggono uomini e donne, come per esempio una delle malattie del secolo quale la depressione: non è semplice ma nemmeno utopistico. Ho voluto semplicemente evidenziare, talvolta in maniera goliardica, le caratteristiche principali con cui siamo a contatto ogni giorno della nostra esistenza. Viverle senza rendersi conto della grandezza delle fondamenta su cui sono erette, sminuisce la loro natura. Distolti, come lo siamo ogni giorno, da eventi frivoli, non diamo più il giusto peso ai veri valori della vita. Cercare di trovare, in ultima analisi, quelle riflessioni e quei luoghi a noi cari, che ci lasciano sensazioni piacevoli, pillole di bontà da dover ingurgitare come una benefica medicina.
Cosa ha di diverso questa sua opera rispetto alle precedenti?
Sostanzialmente la metrica. Il filo conduttore che unisce tutte le mie opere fin qui eseguite, non è cambiato. Mi piace inventare storie basandomi su una verità, su un fatto accaduto, sulla vita che mi circonda. Osservo, guardo, ascolto, mi documento, rielaboro e creo racconti brevi o romanzi lunghi a seconda delle circostanze, della storia che mi dice come vuole che la scriva. L’architettura della trama poi, cerco di forgiarla in modo che non si capisca dove finisce la verità per dare spazio alla fantasia: il difficile e il bello, sta proprio lì!
Ha in cantiere qualche altro lavoro letterario?
Dopo “L’isola che non c’è” uscito a luglio del 2018, sono già nate altre due creature: “Il viaggio di Jonas” del luglio 2019 e “Che mondo!” del febbraio 2020. Il primo, un romanzo d’amore che trae lo spunto da una storia vera, che parte dai tempi dell’infanzia con un cupido lanciato sulle ali della modernità end-to-end, conducendo i protagonisti, in una sorta di bolla di paradiso costruita nelle loro menti. Mentre il secondo, un originale romanzo di fantapolitica ai limiti della fantascienza, rappresenta vividamente le problematiche relative alla società contemporanea. Francesismi e germanismi rendono la lettura piacevole e a tratti divertente, pur trattando seri problemi quotidiani. In ultimo, tra circa un mese uscirà la mia undicesima fatica, “Nara”, in cui racconto la storia di un reale e noto personaggio versiliese e della sua famiglia, ricco di parole e concetti veri, vissuti dalla stessa persona e romanzati al fine di documentare la tenacia di una donna dal carattere forte e dominante. Insomma, il mio cantiere letterario, non chiude mai!
Cosa vuole aggiungere?
Ci sono molte cose importanti che vorrei dire ma ritengo anche che lo spazio a disposizione, sia relativamente breve. Una cosa però vorrei sottolinearla e anche se rischierò la banalità di un concetto ormai abusato, vorrei raccomandare a chiunque la necessità di leggere. Grandi, piccini, di mezza età, anziani e studenti, operai, impiegati, dirigenti e semplici dipendenti, uomini e donne, chiunque abbia due occhi per vedere, due mani per sorreggere un libro e una mente in cui poter immagazzinare qualunque tipo di storia, di trovare il tempo necessario anche cinque minuti al giorno, per poter cibarsi di frasi, nutrirsi di concetti e parole diverse dalle solite quotidiane, perché non c’è niente di più bello e sostanzioso che leggere un libro. Nella stessa misura in cui soddisfiamo il nostro corpo con il cibo, anche la mente deve essere nutrita in egual misura se non meglio e un libro, è nutriente puro.