IL MISTERO DELLA FELICITÀ ALTRUI
di Monica Zarantonello
Verità taciute e pensieri diversamente felici
a cura di Franca Mancini
Ogni libro contribuisce, in un modo o nell’altro, a renderci una persona migliore, a cambiare visione della vita e una parte di noi. Tutte le persone adulte sono state piccole una volta ma poche di loro se lo ricordano e lo riportano in una storia, regalandoci emozioni uniche e semplici per vivere meglio, per comprendere quali siano le cose e i sentimenti che realmente valgono nella vita di ognuno di noi. Il romanzo pubblicato dall’autrice Monica Zarantonello - Il mistero della felicità altrui, BookSprint Edizioni - pagg. 265 - ben contribuisce a questa sfida: ritrovare il proprio bambino interiore, la strada per essere persone più equilibrate e affrontare la vita con forza e grinta. In tal senso, il suo libro permette un incontro di amicizia anche con il lettore, dove si intrecciano continuamente due “io” narranti, uno pensante e l’altro sognante o, meglio, due facce della stessa medaglia. Un incontro che, «come un raggio di pura luce... ti colpisce al cuore e non ti lascia nessuna possibilità di replicare». Frastornata un po’ dalla vita al pari di un “ubriaco”, per dirla con Voltaire, l’autrice cerca la felicità attraverso la protagonista, come cercasse casa sua: non sempre riesce a trovarla anche se sa bene che esiste. Tra un “tira e molla” sentimentale, riproduce il cammino della vita e dell’amore, frutto di scelte e cambiamenti personali, di passioni e riflessioni esistenziali. Il primo attore sembra conoscere più la strada che se stessa, all’ombra di ideali e fantasie adolescenziali, interrogandosi su quanto valga la pena vivere in un mondo di doveri e riti obbligatori senza, tuttavia, riuscire a farne a meno. Si confronterà con l’unica e più importante amicizia della sua vita: Sole. La stessa che, come il suo nome, sembra illuminare e riscaldare la speranza di una esistenza felice. La stessa che poi - chiusa in uno spazio di responsabilità familiari - si ritroverà a desiderare la felicità altrui, così come la protagonista, in un tratto di tempo parallelo ma divergente. Come avessero una bussola in mano, entrambe conoscono la strada e i loro doveri ma non sempre sanno dove orientare la bussola o come farsi aiutare, proprio come raccontava e spiegava la nonna dell’una. Forse, accontentandosi di vivere una vita a metà, con obiettivi parzialmente raggiunti, ad un certo punto inciampano e cadono nello sconcerto di una felicità sfuggente; e man mano che questa sfugge diventano sempre più dubbiose e portate a credere che sia irraggiungibile e illusoria. Nonostante siano guidate, per educazione ricevuta, da valori religiosi cristiani, non sempre riescono a “capirli” e metterli in pratica. Come suggerisce l’identica abbreviazione del loro nomignolo, Sorriso e Sole, si compensano perfettamente l’una con l’altra nella ricerca di risposte sul senso della felicità o della caducità esistenziale, e lo fanno fino alla fine. Fino a quando, tra un dubbio e l’altro, si accorgono di avere qualità e talenti a dir poco “geniali” e personali che - a dispetto di colpi di scena, segreti e verità imprevedibili quanto temibili - non sottopongono più al giudizio altrui per sentirsi appagate e gratificate, ma unicamente a se stesse per provare a sentirsi diversamente felici. Catapultate giù dalla loro giostra fantastica, seppur in tempi e modi diversi, affrontano rischi e conseguenze con progressiva capacità introspettiva e diversa visione della vita. Se non esiste una parte giusta o sbagliata dove stare, entrambe cercano quella più coerente e pertinente dove sfogare il bisogno di evasione e di libertà, dicendo “no” alle trappole mentali e, per un breve tempo, “no” all’amicizia. Come i personaggi di un presepe, rappresentati nel ricordo di un tempo lontano e ormai passato, le due amiche sembrano a volte “dormienti”, non interessate o incapaci di vedere eventi importanti, presenti oltre l’abitudine e la fatalità. Sembrano incapaci di vedere dove nasce la felicità, accontentandosi e sopportando sempre una vita a metà. Riconoscendo che «non si sta bene da sole», che non si può sempre rimuginare e scoppiare, che «nel bene o nel male si vede solo ciò che viene mostrato», scopriranno una via d’uscita o una scappatoia: rivestirsi di cose nuove per rafforzare energie positive. Utilizzeranno «le situazioni peggiori della vita come scalini per salire più in alto, in saggezza e lungimiranza», raggiungendo - l’una - un nuovo lavoro mentre l’altra un nuovo punto di partenza per cambiare e ricominciare. La sospirata felicità, ad un certo punto, sembrerà tutta una messa in scena, ma loro - libere dal peso della verità - non saranno più le stesse di prima e finalmente saranno pronte a chiudere la porta o il passato alle spalle, per sempre. Per spaziare tra il senso e non senso della vita, chi ama la lettura invece dovrà “aprire” questo libro.
INTERVISTA ALL’AUTRICE MONICA ZARANTONELLO
Secondo il suo vissuto personale, oltre che narrativo-letterario, quanto il rapporto di un uomo con la religione può influenzare la propria visione sul senso della vita?
Sapere che vi è un Dio che ti ama a prescindere, dà coraggio e forza per affrontare ogni avversità. Ma la fede è anche un dono gratuito, non scontato e facile da perdere. Questo, la rende tanto preziosa. Ho visto persone lottare una vita per riacquistarla e altre che nemmeno la cercavano trovarcisi dentro, più che mai convinte. Siamo noi a decidere quanta importanza dare alla nostra fede e quanto cogliere da questa opportunità.
Durante la stesura del suo libro, in che modo è stata influenzata dalla sua felicità o dal desiderio di quella altrui?
I miei stati d’animo influenzano sempre i miei scritti. Io sono parte integrante del mio lavoro letterario. Ho imparato presto che quanto potevo donare al prossimo rendeva la mia vita migliore. Io credo che ogni essere umano sia stato creato per amare e quando riusciamo in questo, ci nutriamo di tutte le emozioni positive che suscitiamo negli altri.
Tutti creano delle aspettative, e sperano che il mondo le soddisfi. Quale messaggio o ingrediente della felicità vorrebbe suggerire al lettore per contrastare eventuali delusioni?
Le aspettative che vorremmo veder realizzate nascono dal fatto che veniamo portati fin da piccoli a sentirci migliori degli altri. Con questo libro vorrei far capire che non vi sono buoni o cattivi, giusti o sbagliati. Siamo tutte persone che hanno un vissuto, che il più delle volte rimane nascosto proprio poiché rivelerebbe le nostre fragilità. Eppure sono queste che ci rendono speciali. La semplicità d’animo, la nostra capacità di avvicinarci al prossimo e alle sue necessità, nutrono il nostro spirito è ci rendono in grado di sentirci appagati. Una volta che il pensiero positivo prende piede in noi, anche le prospettive cambiano inevitabilmente. Forse è proprio questo l’Ingrediente giusto per la felicità.
Per trasformare un problema in vantaggio, l’infelicità in felicità, cosa potrebbe aggiungere per invitare alla lettura del suo libro?
Ci sono situazioni che ci fanno vergognare di noi stessi o della nostra famiglia e per questo motivo le nascondiamo, le camuffiamo con atteggiamenti spesso incomprensibili, che ci emarginano ancora di più. Il racconto di questa amicizia ci mostra come abbattere le barriere dei preconcetti, dell’orgoglio e della solitudine, per giungere al livello superiore, quello che ci fa diventare “altro”. Liberare il nostro io, non aver paura di chi siamo realmente a dispetto di come ci vedono gli altri, non è cosa facile, ma di certo non è impossibile. Io spero davvero che questa lettura possa aprire la mente, dare forza e coraggio a chi si sente smarrito e sfiduciato.