POESIE FURBE

di Enza Salpietro

La policromia dell’anima

a cura di Teresa Laterza

Storie di vita, racconti, sono i componimenti poetici della silloge Poesie furbe – “Quei baci inviati tanti versi son diventati” (Kubera edizioni, pagg. 80, anno di pubblicazione 2018) dell’autrice siciliana Enza Salpietro. Una raccolta policromatica e dalle tonalità cangianti dove il sentire della scrittrice accarezza ricordi e stati d’animo fondendoli anche con elementi naturali. Una tessitura di versi in cui l’aspetto riflessivo-meditativo si sposa abilmente con quello osservativo. Non siamo di fronte ad una poetica di esclusivo ripiegamento interiore bensì nel turbinio di versi dal respiro più ampio in cui l’attenzione alla realtà circostante è al contempo necessità, riflessione e stupore. L’autrice si avvale della figura retorica della rima, ma non è l’unica  utilizzata nelle sue poesie, donando ai suoi versi quel ritmo armonioso, cadenzato, quasi fosse una musica scritta su uno spartito. Emotiva e sensoriale la sua poesia rimanda al lettore immagini di vita, fotogrammi, immortalando precisi momenti, a volte passati altri attuali ed è per questo che la Salpietro può essere a ragione definita una tessitrice di istanti. Il verso appare fluido, quasi improvviso, come se il gesto artistico-lessicale lasciasse passare l’ispirazione senza filtri, modellandola appena solo nell’uso della rima. La Salpietro ci propone in verità una forma letteraria a mezza via tra la poesia e la prosa considerando il suo particolare modo di narrare che ha un’accentuata similitudine a quello di un diario. La sua, fondamentalmente, è una poesia vivace, a volte allegra altre pensierosa e comunque dotata di un’ironica destrezza. I suoi racconti in versi appaiono finestre spalancate attraverso le quali giunge, forte, al lettore, la vita dell’autrice con tutti i suoi stati d’animo e sentimenti che sono disegnati dalla stessa con grazia ed equilibrio, caratteristica quest’ultima di chi ha imparato a gestire il proprio universo interiore per raccontarlo al resto del mondo. Gioie, sofferenze, delusioni, sogni si alternano sullo “sfondo” dei suoi racconti dove al centro vi è sempre una saggia consapevolezza che induce l’autrice ad accettare la vita con ironia e a sorriderle per quel che è. Non mancano le riflessioni e il rammarico per una società preconfezionata, omologata, dalla quale l’autrice prende le giuste distanze affermando con garbo la sua “diversità”, come si evince in particolare in alcuni versi della poesia Un topos, la sera: «… / Li vedo accovacciati in un cantuccio / tutti concentrati in un cicaleccio / ad imitazione delle bocche umane / perché questo nel mondo ormai rimane / aggrapparsi e uniformarsi a un modello / non importa che sia oro od orpello / ciò che più conta è non essere se stessi / perché in tal caso si è solo dei fessi.» Emerge quindi la necessità nella scrittrice di essere sempre se stessa, autentica, anche a costo, a volte, di isolarsi dagli altri, come descrive ironicamente nei versi della poesia Uno stano tipo: «… / Gli chiesi perché stava solo in quel luogo / rispose sereno, quasi come per sfogo, / che un giorno da solo val più di una vita / tra gente che mente che ghigna che graffia / che parla sempre e soltanto con rabbia / … / che stenta a guardarti in modo sincero, / Rimasi in silenzio pensando invero / che quanto su detto era proprio vero.» Si nota in ogni componimento la buona confidenza della scrittrice con la lingua che le permette, nell’accostamento delle parole, di evocare sensazioni empatiche e continuità di discorso poetico. Un particolare riconoscimento va senza dubbio alle poesie che hanno per oggetto il mondo naturale e nelle quali sono pulsanti nell’autrice l’amore e il forte attaccamento alla sua meravigliosa terra, la Sicilia, come emerge nella poesia Etna: «Che l’Etna fosse soltanto un vulcano / sembrava un po’ strano agli occhi di tutti / Con mille bellezze si pone e s’impone / fra tanti colori ti porta a sognare. / … / Sembra severo ma in realtà è un birichino / Io lo abbraccio con lo sguardo ogni mattino! / … / Si prostra ai tuoi piedi via via che sali / svelando paesaggi sensazionali. / … / E quanto è bello non dirlo a noi / che sotto il suo manto siam cresciuti / e come figli suoi ci ha riconosciuti.» Rimane, anche nei racconti più malinconici, una sensazione di gioia, spensieratezza, fiducia e allegria. Una narrazione giocosa, dunque, quella dell’autrice che nel suo “diario” riunisce pensieri semplici e immediati capaci di giungere con soavità al cuore di chi legge.

BIOGRAFIA

L’autrice si racconta...

Nata in provincia di Catania, una città che ho sempre amato, non ho mai desiderato lasciare la mia bellissima Sicilia. La Laurea in Lettere Moderne, conseguita presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università degli Studi di Catania, mi ha permesso di approfondire interessi e passioni che già mi appartenevano. Le letture dei tanti poeti e dei narratori che hanno descritto le bellezze dell’isola mi hanno spinta ad osservare tutto ciò che mi circonda con attenzione e con emozione. Scrivere, annotare pensieri e stati d’animo è da sempre uno dei miei passatempi preferiti, ma solo dal 2018 ho incominciato a pubblicare i miei scritti, grazie ai Social Network. Il mio primo libro, Poesie Furbe, è un sogno che ho realizzato grazie alla Casa Editrice Kubera Edizioni e al supporto preciso e costante del Direttore Editoriale, il Dott. Simone Stirati. Un libro che mi ha regalato una grande gioia e tante soddisfazioni. Dopo la pubblicazione del primo libro ho continuato a scrivere perché, a mio parere, la scrittura trova una ragion d’essere solo fra le pagine di un libro, e con essa anche il suo autore.

INTERVISTA ALL’AUTRICE 

Come nasce la sua passione per la poesia? 

Ho incominciato a scrivere poesie quasi per gioco. Mi accorsi presto che scrivendo le mie emozioni, positive o negative, provavo un senso di grande benessere e felicità. Una felicità che non mi era nuova perché l’avevo già provata da bambina quando imparavo le poesie a memoria, mi piacevano le rime e, naturalmente, le poesie brevi. Così ho continuato a scrivere, scoprendo un’altra cosa importante: rileggere e ripetere le mie poesie nei momenti bui mi rasserena, facendomi dimenticare per un po’ i dispiaceri e i dolori, persino quelli fisici. Per non parlare dei sorrisi che mi rubano alcune scene immortalate in certe poesie che sembrano, come notava una mia lettrice, quasi dei micro-racconti.

Le sue poesie sono particolarmente armoniose anche per l’uso della rima. Questa figura retorica è qualcosa di ricercato o spontaneo nei suoi componimenti? 

È quasi sempre spontaneo, ma questo non vale per tutte le poesie. Alcune non hanno rima, in altre inserisco qualche assonanza, a volte mi diverto a sperimentare un po’. In quest’ultimo caso faccio uso di figure retoriche come l’allegoria, l’analogia, la similitudine, la sineddoche o altro.

Crede che la poesia possa contribuire a rendere migliore l’umanità? In che modo? 

Una domanda impegnativa. Chi scrive poesie o, comunque, ama la poesia, sa benissimo che essa altro non è che incanto ed estasi. Per rendere migliore l’umanità dobbiamo prima migliorare noi stessi, e questo si può fare solo abbandonando tutti i sentimenti negativi e rispettando gli altri, accettando la diversità senza riserve. Io credo che la poesia possa aiutarci in questo compito, per questo mi rivolgo a un pubblico ampio e vario.

Si definisce “poetessa della plebe”?

Non mi definisco “poetessa della plebe”, semplicemente mi rivolgo a un pubblico variegato, non elitario. È chiaro che per raggiungere questo fine devo tener conto del fatto che non tutti hanno gli strumenti culturali idonei a comprendere artifici retorici astrusi, perciò adopero un linguaggio abbastanza semplice che in tanti hanno lodato. Spesso è sufficiente un suono gradevole per farci soffermare su una frase, così come basta un artificio poco comprensibile ai più per farci sorvolare. In ogni caso, di proposito evito sempre suoni aspri e termini poco felici.

Cosa pensa delle altre forme retoriche della poesia? 

Secondo me la scelta delle forme retoriche è condizionata oltre che dal pubblico a cui ci si rivolge anche dai temi delle poesie. Per esempio l’allegoria, la metafora, la sinestesia, l’analogia, la litote, l’antitesi, le troviamo sovente nella poesia dell’infanzia perduta, della natura incontaminata, degli affetti che appartengono a un passato che non esiste più, mentre una figura retorica come la sineddoche, si adatta bene allo svolgimento di un tema come l’alienazione dell’individuo nella società contemporanea, o l’angoscia degli anziani di fronte all’attualissima tragedia. Riporto a mo’ di esempio una mia poesia composta da poco che un lettore ha giustamente definito come “la poesia della segregazione” :

16 Marzo 2020

L’aria silenziosa osserva le strade deserte

Una farfalla si snerva, le sue ali aperte

Si diverte a scodinzolare una larva

Assorte le mani ossute, la schiena curva.

Ha in cantiere qualche altro progetto artistico poetico? 

Si, ho due progetti. Penso di raccogliere tutte le riflessioni poetiche che mi è capitato di annotare in questi giorni tristi e difficili da gestire in un volume che tratti solo dell’emergenza sanitaria in atto. L’altro progetto, che era precedente al suddetto, è quello di scrivere un libro di poesie per bambini, perché credo che la rima piaccia ai piccoli. I ragazzini si divertono a giocare con le parole che hanno suoni identici, memorizzandole.

Ci racconti qualcosa in più di lei. 

Sono una persona molto semplice, forse un po’ fuori moda. Non mi piace stare al passo con i tempi. Amo osservare e cercare le radici di tutto, per esempio mi capita di soffermarmi su un viso e studiarne la fisionomia per risalire agli eventuali antenati o a chissà quale stirpe nobiliare. Mi piace cercare l’origine delle parole, dei nomi, dei cognomi, delle città, di tutto. Ho preso la maturità tecnica commerciale a 18 anni con ottimi voti, ma non riesco a capire come ci sono riuscita, non mi piacevano affatto quelle materie. Più tardi la laurea in Lettere Moderne mi ha aiutato a dimenticare tutti quei numeri. Mi piace la gente che non si è realizzata nella vita, forse perché so bene cosa vuol dire. Mi piacciono le persone imperfette, quelle considerate inutili, gli sconfitti, i vinti, perché solo loro comprendono l’importanza di una giornata riscaldata dal sole, di una parola gentile, di uno sguardo sincero.