VOLTEGGI
ORIZZONTI DI IMMAGINI E PAROLE
di Gabriella Vergari
Genere: Narrativa
Verità e autenticità della e nella scrittura
Recensione a cura di Teresa Laterza
Gabriella Vergari, siciliana, catanese, ci stupisce ancora una volta con la sua opera letteraria Volteggi - Orizzonti di immagini e parole (Youcanprint, anno di pubblicazione 2018, pagg. 78) una raccolta di ben ventuno racconti in cui le parole della scrittrice si completano con le meravigliose opere di Franco Blandino – opere a matita e china, tempera ed olio, acrilico – e viceversa: una “sinestesia” che rompe gli argini e travalica gli orizzonti consentendo di immaginare fin dove la fantasia consente… I racconti, alcuni in modo particolare, hanno le caratteristiche di uno scatto fotografico: istantanee che in pochi flash racchiudono l’identità degli stessi. Singolare e ammirevole è la capacità di sintesi dell’autrice: i racconti sembrerebbero, infatti, parti prese da scritti più ampi disegnati/immaginati dalla mente della stessa scrittrice. In effetti, ognuno di questi brevi racconti ben si presterebbe alla realizzazione di veri e propri romanzi. Ogni racconto narra una storia a sé stante ma sono tutti scritti dalla Vergari con l’intento di trasmettere un insegnamento morale, inducendo a riflettere. L’autrice, desiderosa di sperimentare sempre nuovi linguaggi narrativi, ci sorprende con l’uso di termini inglesi e tecnologici ad effetto. Non manca di certo l’ironia, soprattutto in alcuni racconti, caratteristica distintiva della scrittura vergarese. La sua è una penna viva, raffigurativa, d’immediato impatto emotivo, capace di cucire ad arte l’essenziale di ciascuna storia, tagliandone il superfluo. In questa opera letteraria i soggetti narranti o narrati, a differenza della precedente opera Species, bestiario del terzo millennio, non sono solo animali – specchi per l’uomo o sue allegorie – come nel racconto Margherita in cui la protagonista è una mucca, Rifrazioni dove a riflettere è una simpatica scimmietta e Politically correct nel quale, invece, il soggetto pensante è un camaleonte – ma soprattutto umani. Diversi, i temi trattati: l’amicizia e l’orgoglio come nel racconto Lezioni in cui Michele il protagonista è amaramente deluso dal comportamento di Alberto al quale salva la vita ma dal quale viene ripagato nel peggiore dei modi. Significative le parole di Michele: «… Vedevo in te un amico, per la salvezza del quale avrei potuto letteralmente sacrificare me stesso. Mi sentivo il depositario di un sentimento raro e prezioso, quasi avessi trovato il leggendario tesoro... A volte mi allontanavi proprio apertamente, oppure mi mettevi in difficoltà davanti gli altri, punzecchiandomi disinvolto. Avevi anzi sviluppato una grazia tutta tua, l’avrei detta lieve e sopraffina, nel colpire i miei punti deboli, illividendo il mio giovane cuore. E se mi sorprendevi a rabbuiarmi, avevi poi il coraggio di riderci su scanzonato, lasciandomi da solo a interrogarmi se mi addolorasse maggiormente la spregiudicatezza con cui mi trattavi o l’indifferenza con cui mi vedevi soffrire. Così, da un giorno all’altro sono diventato il tuo zimbello e il tuo scacciapensieri». Anche il sentimento del rancore e il dolore per le incomprensioni sono ritratti abilmente dall’autrice nel racconto Ricorrenze dove in occasione del 2 novembre Agnese va a trovare i genitori defunti: «E tranquilli, che nemmeno quest’anno mi fermerò per un breve suffragio, non credo vi serva e comunque non ne ho la voglia. Ma ecco ormai che ci siamo. Il lancio è perfetto, perfetto davvero, grazie all’esperto movimento del polso, ed i crisantemi ricadono sul marmo non troppo scomposti… Per il resto, credo che solo una signora mi abbia notato, tanto che con la coda dell’occhio la scorgo osservarmi a bocca aperta mentre ripercorro il vialetto e mi accosto all’uscita. Non credo capirà, né me ne interessa poi tanto. Per lei resterò un enigma, l’enigma dell’anziana signora che va lanciando crisantemi su una tomba di famiglia». Altro tema ritratto dalla Vergari con grazia e rispetto è l’amore, nel racconto L’azzardo della carezza in cui tale sentimento è paragonato ad un’opera d’arte. Vi è poi il tema delle scelte e della testardaggine nel racconto Nel segno del Granchio. Particolarmente divertenti sono i racconti Mater rixarum – un misto di timori, superstizione e fragilità – dove si scatenano diverse reazioni da parte dei componenti di un condomino che trovano appiccicato sullo specchio dell’ascensore un biglietto: una “catena di Sant’Antonio” che, se interrotta, annuncia di provocare sciagure… E Morto che parla nel quale si tocca l’apice del divertimento e della sorpresa durante la lettura notarile di un testamento. Un racconto molto vicino al sentire degli scrittori è Percorsi che fa riflettere su quanto sia importante non costringersi a fare le cose per quel senso del dovere o per le aspettative altrui, e seguire invece il proprio sentire – così come dal consiglio del racconto: «Prova a scendere dentro di te, cerca, cerca bene. Ci sono ferite emotive che scavano dentro di noi finché non le saniamo e riconosciamo» – proprio come quel sentire che bussa alla porta di chi ha necessità di tirar fuori il suo mondo interiore e trova nella scrittura la strada salvifica. Per molti aspetti conforme al Realismo, la scrittura della Vergari si impreziosisce di quel lato umano comprensivo o empatico – in quanto tende ad indagare al di sotto delle apparenze – e in un certo senso “terapeutico”. I teatrali racconti che in alcuni casi si tingono di giallo – introspettivi e tendenti a sondare la realtà umana – nascono dal caso insolito: l’eccezione che conferma la regola oppure il pezzo del puzzle imperfetto. Un indagare psicofilosofico che portando a galla malesseri cerca di risolverli o per lo meno comprenderli, necessità sempre più pressante in quella che è la nostra realtà che Bauman chiama società liquida nella quale è necessario prendere consapevolezza che l’unica certezza è l’incertezza, il non scontato. Una scrittura, quella della Vergari, che tende a tornare a sé stessa, come in un feedback, nel suo senso di autenticità, di possibilità, vivacità immaginativa che è pura espressione dell’identità dell’autrice. Un volteggio in tutti i sensi, questa pregnante opera letteraria di Gabriella Vergari che fa danzare anche la lingua, con una singolare abilità nell’uso della varietà di registri e tonalità, che diviene ora raffinata e subito dopo pratica e familiare. Se questo libro chiuso avesse la parola, si consiglierebbe da sé.
BIOGRAFIA
Dottore di Ricerca in Filologia Greco-Latina, e libera cittadina della Repubblica dell’Immaginazione, Gabriella Vergari è nata a Catania, dove vive e insegna, coltivando con amore l’incanto per gli antichi e nuovi suoni. Sono così nati: Una letteratura latina, Imago Maiorum, Catania, 2010, di cui è coautrice insieme a G. Salanitro, A. Pavano e A. M. R. Tedeschi; un breve romanzo, Inganni Cortesi, Il Girasole edizioni, Valverde (Ct), 1990; raccolte di racconti e short stories, come: Sirene, chimere e altri animali, Chieti, 1993, e L’Isola degli elefanti nani, AG edizioni, Catania, 2003; il volume Ereia, della collana Continente Sicilia, insieme al fotografo A. Garozzo, Domenico Sanfilippo Editore, Catania, 1994; un paio di pièces teatrali come Scupa! in Voci di Carte, Il Girasole edizioni, Valverde (Ct), 2008; un bestiario, Species. Bestiario del terzo Millennio, Boemi, Catania, 2012. Con il pittore F.Blandino ha già realizzato Volteggi. Orizzonti di Immagini e Parole, Borè, Tricase (Le), 2018. È inoltre autrice di contributi scientifici, apparsi su riviste scientifiche anche internazionali, e poiché, parafrasando Kavafis, la scrittura le ha sempre dato il viaggio, anche di articoli e interventi critico - culturali, su periodici, cartacei e online e magazines di settore. Dalla sua collaborazione con uno di questi, «Vivere», è nato Capriccio Siciliano, Carthago edizioni, Catania, 2018, una dichiarazione d’amore per la sua terra. Insegna in corsi di scrittura creativa per ragazzi. Alcuni suoi racconti si trovano pubblicati in antologie e miscellanee di scrittori contemporanei.
INTERVISTA di Gabriella Vergari per “Volteggi. Orizzonti di Immagini e Parole”
Da dove nascono gli spunti per quei racconti tanto divertenti quanto significativi come Mater rixarum e Morto che parla?
Dall’osservazione della realtà, innanzitutto. Ma pure, nel caso di Mater rixarum, dalla riflessione sul sottilissimo diaframma tra razionalità e superstizione e su come in ciascuno di noi convivano in fondo mille contraddizioni e sollecitazioni differenti. In Morto che parla, mi sono invece liberamente ispirata alle vicende delle tante famiglie nobili siciliane che davvero possono offrire un inesauribile repertorio di casi, storie e personaggi.
Voce filosofica e voce introspezione. Come riesce Gabriella Vergari a farle "parlare" così abilmente nei suoi racconti?
È una gran bella domanda che onestamente mi lusinga e a cui altrettanto onestamente non saprei rispondere con precisione. Credo tutto dipenda dall’ispirazione del momento e dall’occasione narrativa prescelta. Molte volte anche un evento apparentemente insignificante può innescare, in chi lo viva o ne sia partecipe, una miriade di riflessioni e valutazioni sulla vita in generale e sulla propria esperienza individuale. Seguire questo fil rouge è anche un modo di dar forma ad un personaggio e al suo mondo interiore.
L'ironia, il gioco e "l'azzardo"...
Rappresentano un po’ il sale del quotidiano. Un modo di guardare o, in base al caso, “aggredire” i vari eventi che siamo di continuo chiamati a fronteggiare. L’ironia offre una insostituibile e straordinaria occasione di distacco dal reale, che pure consente di conoscerlo meglio. Il gioco e l’”azzardo” sono invece un tributo al nostro restare bambini o, perché no, alla possibilità di immaginarci eroi. Un modo comunque di evadere da regole e stereotipi, che può trasformarsi in un autentico sistema di salvaguardia personale, permettendo di divenire protagonisti e non soggetti passivi degli avvenimenti.
Anche in questo caso, se potesse racchiudere il senso la sua opera letteraria in una sola frase, quale sarebbe?
Un colloquio, spero felice, tra scrittura e pittura, nel desiderio di sperimentare una forma di arte globale, che risulti congeniale al moderno homo videns.
È possibile acquistare il suo libro solo in versione cartacea o esiste anche la versione ebook?
Sì, esiste pure la versione e-book, tanto nel formato kindle quanto in quello kobo.
A proposito del suo libro...
Mi piacerebbe riportare questo stralcio dalla Prefazione di Gabriella Mongardi: “Scriveva Umberto Eco nel 2001: «La vita letteraria, almeno dai tempi di Catullo sino a oggi, è fatta di gruppi, di persone anche giovanissime che s'incontrano e si scambiano i loro lavori, poi li pubblicano su una piccola rivista, poi su una più nota, e passano, per così dire, una prima selezione da parte dei loro pari». Ecco, Margutte, non-rivista online di letteratura e altro, nata nel 2013, è diventata con gli anni uno di questi “gruppi”, ha permesso di tessere una rete di rapporti tra redattori e collaboratori da cui sono germogliate produzioni artistiche come questo libro, dove i racconti della catanese Gabriella Vergari hanno ispirato i disegni del torinese Franco Blandino e viceversa, in un circolo virtuoso di stimoli e sollecitazioni creative.[…] Volteggi è il bel titolo scelto dagli autori, a sottolineare non solo i ‘volteggi’ che due arti diverse, scrittura e pittura, intrecciano nelle pagine di questo libro, con risultati di grande raffinatezza, ma anche il volteggiare della scrittura fra temi diversi, ambienti sociali diversi, tecniche narrative diverse, in una ricerca inquieta e insaziabile, tesa a sondare la realtà umana anche quando i protagonisti del racconto sono degli animali (Margherita, Rifrazioni, Politically correct): perché gli animali – come avveniva nella precedente raccolta, Species. Bestiario del Terzo Millennio – sono specchi per l’uomo, o sue allegorie… Per questo i racconti della Vergari sono tutti dei casi, tra il clinico e il poliziesco: la molla che fa scattare la sua scrittura è l’anello che non tiene, il granello di sabbia che inceppa l’ingranaggio – qualcosa che per qualche ragione si stacca dallo sfondo della ‘normalità’, della quotidianità e colpisce la sua attenzione, facendo nascere nella scrittrice l’interesse, se non a risolvere il caso, per lo meno a capirlo. La scrittura si trasforma quindi in uno scavo al di sotto delle apparenze, della superficie, in un’indagine filosofica per mettere a nudo un problema, e finisce quasi sempre con l’assumere i toni della denuncia, sommessa, magari obliqua, ma lucida e ferma. Sia che indaghi i rapporti famigliari e amicali (Venature, Ricorrenze, Più in alto più veloce, Morto che parla, Lezioni), sia che si confronti con problemi sociali (Il vento delle pialle, Customer care, Percorsi, Lo strappo del sorriso), i suoi personaggi sono tutti in qualche modo ‘onde anomale’ nel mare della moderna “società liquida”. E il lettore è coinvolto direttamente nella soluzione del caso: perché con sapienti ellissi e inversioni temporali la scrittrice crea una suspense che trasforma la lettura in un piccolo giallo. Tanto che usi la narrazione in terza persona, quanto che ceda la parola a un personaggio che parla quindi in prima persona, i racconti sono molto teatrali, in uno sforzo di mimesis totale, che comporti la sparizione della voce narrante, secondo la lezione del Verismo ottocentesco, per cui “l’opera deve sembrare essersi fatta da sé”. Erede di una nobile tradizione regionale di realismo (da Sciascia a Tomasi di Lampedusa a Verga), la Vergari vi innesta una profonda empatia, un’humanitas terenziana (homo sum, humani nihil a me alienum puto) che le impedisce di ergersi a giudice dei suoi personaggi e del loro ambiente, e insieme la sottrae a un rozzo determinismo pseudoscientifico alla Taine, secondo cui l’agire dell’uomo è una funzione di race, milieu, moment… 4 È proprio nella dimensione letteraria, grazie agli ‘artifici’ narrativi che la sua sapienza tecnica di volta in volta le mette a disposizione, che lo spunto realistico viene illuminato e interpretato e trasceso, senza però mai ridursi a mero pretesto per un’esibizione di virtuosismo verbale fine a se stesso, per un gratuito ‘giocare’ con le parole. La scrittrice crede fermamente in una letteratura ‘etica’, cioè radicata nella vita e capace di influire su di essa, proprio attraverso il gioco di specchi che si realizza tra la vita, il testo e il lettore. Se il racconto, quando si forma nelle mani dell’autrice, rispecchia la vita, nelle mani del lettore diventa specchio in cui questi è chiamato a riconoscere se stesso e il proprio mondo: le sue irrazionalità e fragilità (Mater rixarum), le sue emozioni e i desideri inconfessabili (Merengue, Scommesse), le sue angosce e la sua solitudine (Armonia), i suoi ricordi e le sue sollecitazioni culturali (La danza di Rudra). Ma i ‘volteggi’ non sono finiti qui: la scrittrice moderna trova un cantuccio da cui fare capolino e parlare indirettamente di sé. Sono i racconti in cui il realismo si tinge di fiabesco e affiora il discorso metaletterario: Storie di cavalli volanti, Cembali, L’azzardo della carezza e Nel segno del Granchio. La penna che in Cembali volteggia sul foglio intrecciando disegni e parole, il palloncino sfuggito a un bambino che in Storie di cavalli volanti volteggia nel cielo e da lassù tutto osserva e riferisce, si lasciano facilmente interpretare come ‘correlativi oggettivi’ dello scrittore, che nel primo racconto condanna la parola vuota, priva di amore, cioè di attenzione all’altro, e perciò risonante come un cembalo, secondo San Paolo, e che si pone di fronte al mondo da una prospettiva inusuale, al limite non-umana, come il palloncino del secondo.[…] Anche la lingua della Vergari volteggia tra una gran varietà di registri e tonalità, ora più fredde e secche, ora più calde e musicali, muovendosi con estrema precisione tra il colloquiale e il letterario, e attingendo a una tavolozza di colori inesauribile come quella della vita. Dal canto suo, Blandino segue le rotte dell'immaginario con meticolosa cura dei particolari, tale da rendere realistiche anche le immagini più oniriche, come in La pialla del vento, in Venature o in Scommesse. Così la realtà del mondo viene descritta come un qualcosa da interpretare, da leggere sotto e dentro l'apparenza…”
Ha in cantiere altri lavori letterari?
Sì, sto lavorando a due progetti che mi stanno molto a cuore. Uno dovrebbe essere un’altra raccolta di racconti, questa volta dedicati al tema dell’Unheimlich, il cosiddetto “perturbante” che ad uno scrittore può offrire notevoli spunti e sollecitazioni. L’altro è un romanzo ambientato a scuola, un luogo di cui, soprattutto di questi tempi, moltissimi parlano ma senza conoscerlo veramente. Ecco, vorrei provare a far sentire la voce di chi la scuola la vive dall’interno e da ormai più di trent’anni. Non è un’impresa facile, ma vedremo…
Passi del libro Volteggi. Orizzonti di immagini e parole riportati con il consenso dell'autrice
«… Vedevo in te un amico, per la salvezza del quale avrei potuto letteralmente sacrificare me stesso. Mi sentivo il depositario di un sentimento raro e prezioso, quasi avessi trovato il leggendario tesoro... A volte mi allontanavi proprio apertamente, oppure mi mettevi in difficoltà davanti gli altri, punzecchiandomi disinvolto. Avevi anzi sviluppato una grazia tutta tua, l’avrei detta lieve e sopraffina, nel colpire i miei punti deboli, illividendo il mio giovane cuore. E se mi sorprendevi a rabbuiarmi, avevi poi il coraggio di riderci su scanzonato, lasciandomi da solo a interrogarmi se mi addolorasse maggiormente la spregiudicatezza con cui mi trattavi o l’indifferenza con cui mi vedevi soffrire. Così, da un giorno all’altro sono diventato il tuo zimbello e il tuo scacciapensieri».
«E tranquilli, che nemmeno quest’anno mi fermerò per un breve suffragio, non credo vi serva e comunque non ne ho la voglia. Ma ecco ormai che ci siamo. Il lancio è perfetto, perfetto davvero, grazie all’esperto movimento del polso, ed i crisantemi ricadono sul marmo non troppo scomposti… Per il resto, credo che solo una signora mi abbia notato, tanto che con la coda dell’occhio la scorgo osservarmi a bocca aperta mentre ripercorro il vialetto e mi accosto all’uscita. Non credo capirà, né me ne interessa poi tanto. Per lei resterò un enigma, l’enigma dell’anziana signora che va lanciando crisantemi su una tomba di famiglia».