MARIA S. PIRAS  AURORA SOTTO IL TAVOLO

MARIA S. PIRAS AURORA SOTTO IL TAVOLO

AURORA SOTTO IL TAVOLO di Maria Stefania Piras

EDUCARE OSSERVANDO

Recensione cura di Alessandra Ferraro e Teresa Laterza 

Maria Montessori scriveva: «Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo». Questa riflessione ci porta a comprendere quanto importante, delicato e difficoltoso sia il processo educativo, concetto espresso con leggiadria nella delicata favola Aurora sotto il tavolo (Pedrazzi Editore, anno di pubblicazione 2019, pagg 32) dell’autrice Maria Stefania Piras, insegnante in una scuola statale primaria per l’infanzia. Per tanta parte del tempo gli interventi educativi sono stati adultocentrici, hanno posto cioè al centro della percezione e dell’interpretazione del mondo gli schemi mentali e il punto di vista dell’adulto. È avvenuta poi, con il puerocentrismo, fortunatamente, una “rivoluzione copernicana” che ha posto il bambino al centro del processo educativo. Porre il bambino al centro, significa in ambito pedagogico, tener conto della complessità e singolarità di ogni bambino, della sua articolata identità nei suoi vari aspetti – cognitivi, affettivi, relazionali, etici –, delle sue aspirazioni, capacità e fragilità, nelle varie fasi di sviluppo; elementi tutti che necessitano maggiormente di essere attenzionati, al fine di cercare i significati di determinati comportamenti per realizzare adeguati interventi educativi. Nella sua favola che non è solamente una storia destinata alla fascia d’età che va dai tre agli otto anni – abilmente costruita, resa accattivante da curiosi e affascinanti disegni realizzati da Claudia Loddo, dall’uso di colori diversi nella scritta del corpo del testo –, la Piras descrive come l’insegnante, di fronte al comportamento molto vivace, a tratti aggressivo, dell’alunna protagonista, adotta una strategia educativa frutto di attenta osservazione, riflessione e rispetto per la singolarità di Aurora. Aurora, infatti, parafrasando l’autrice: «Era una bambina carina, con capelli corti, due occhi grandi e furbi che osservavano tutto. Era in gamba, sapeva fare tante cose, ma aveva un gran difetto, desiderava solo per sé tutto quello che vedeva.» Cosa avrebbe dovuto fare l’insegnante? Punire severamente l’alunna per questo comportamento bizzarro e violento? Emarginarla dal resto del gruppo? Secondo un approccio meramente adultocentrico la risposta a questi interrogativi sarebbe stata, con molta probabilità, affermativa. Ma con quali conseguenze poi sulla sfera affettiva ed emotiva della bambina? Un punto di vista puerocentrico invece consente di osservare più a fondo i comportamenti infantili, cercando di comprenderne reazioni e motivazioni. La condotta stravagante di Aurora che dopo esser stata prepotente si rifugiava sotto il tavolo – luogo dove si sentiva al riparo poiché evitava in questo modo di relazionarsi con gli altri rimanendo, tuttavia vigile, informata, su quello che avveniva nella classe –, consente alla maestra di apprendere qualcosa di importante sul modo di essere di Aurora e sulle sue difficoltà ad interagire e, di conseguenza, le permette di adottare un corretto intervento educativo. L’insegnante non la punisce, ma con uno stratagemma, responsabilizzandola, riesce a motivarla al cambiamento. Affinché il puerocentrismo non sia sterile bisogna credere nel bambino e ascoltare la sua “voce”. Credere nel bambino significa dargli fiducia, necessaria per l’autostima, indispensabile alla costruzione del sé. Ascoltarlo significa attenzionarlo – azione fondamentale da parte di chi educa, dato che solo in questo modo può costituirsi una relazione, un dialogo – perché ogni bambino con i suoi comportamenti ci racconta, a suo modo, le gioie e le ferite della vita e ci richiama così alla nostra responsabilità di educatori. La parola “responsabilità” deriva dal prefisso latino “re”. Essa indica un ritorno a uno stato precedente, una circolarità che caratterizza la “relazione”. La vera centralità di ogni bambino si realizza proprio nelle relazioni significative, come quella messa in atto dall’insegnante descritta dalla Piras nella sua favola. Ebbene, quale sarà la strategia adottata dalla maestra per aiutare Aurora a superare questo modo sbagliato di relazionarsi e permetterle di interagire favorevolmente e in modo positivo con gli altri bambini? Una favola di sicura utilità per spiegare ai più piccoli l’importanza di comportamenti sociali pacifici, di relazioni finalizzate a collaborazioni proficue, ma che funge anche da stimolo ed incoraggiamento per tutti quegli insegnanti che in un momento di difficoltà – vedi la sindrome da burnout – potrebbero essere tentati di nascondersi loro sotto il tavolo, esimendosi dalle responsabilità. Educare è di certo uno dei compiti più impegnativi, ma se fatto con amore può rivelarsi anche molto divertente come la favola narrata dalla nostra brava autrice.