COME MILLE OCEANI

UNA COMUNICAZIONE, UNA LUNGA LETTERA DI ADDIO O DI ARRIVEDERCI A SUA FIGLIA SCOMPARSA A CAUSA DI UNA MALATTIA

DI MICHELA BARBANGELO

GENERE: AUTOBIOGRAFIA

RECENSIONE

La morte fa parte del ciclo naturale della vita. È un fatto certo, ineludibile. Prima o poi capita a tutti. Non sappiamo né come né quando accadrà, ma in fondo siamo tutti consapevoli di essere precari in questa vita. L’ombra della morte aleggia nella mente di ciascuno di noi anche se cerchiamo in tutti i modi di non pensarci, di allontanare l’idea che un giorno dovrà toccare a noi o ai nostri cari. Il lutto è un’esperienza emotiva davvero complessa che racchiude in sé diversi sentimenti ed emozioni: tristezza, abbandono, solitudine, smarrimento, disperazione. Spesso in chi lo sperimenta si trovano mescolati sentimenti contraddittori. Un lutto presuppone il venir meno ai gesti quotidiani, ad abitudini condivise e non solo... Viene meno anche un progetto di vita, quello che si era immaginato, sognato, desiderato. Di solito la maggior parte delle perdite segue un corso naturale, prevedibile, ciò le rende in qualche modo più accettabili come quando, ad esempio, i figli, arrivati ad un certo punto della loro vita, perdono i genitori anziani e, grazie alla vicinanza affettiva del coniuge o dei figli, tale perdita è più facile da superare. Tuttavia non sempre gli eventi seguono un corso naturale dato dall’età; alcune volte, purtroppo, accade che siano i genitori a dover seppellire i propri figli. La morte di un figlio è un evento sconcertante, sicuramente il dolore più dilaniante che un genitore possa sperimentare, la tragedia più grande che possa colpire la vita di una persona. È un dolore dal quale non ci si riprende mai del tutto, una ferita che non si schiude. Si trovano allora dei modi per avvertire meno la sofferenza, per lenirla, per rendere più sopportabile l’assenza, per continuare ad andare avanti perché si deve, necessariamente, tornare a vivere. Alcuni genitori si tuffano nel lavoro, altri si dedicano ad attività di volontariato, altri ancora decidono di scrivere, di tirare fuori la propria sofferenza affidandosi al prodigioso conforto dell’amica penna. La scrittura, si sa, è catartica. Trasferire su pagine eventi, emozioni e determinati stati emotivi che possono essere causa di sofferenze interiori è un modo per lenire le angosce e allentare le tensioni, ed è ciò che fa la nostra autrice Michela Barbangelo attraverso questa intensa e commovente autobiografia – una lettera – Come mille oceani, Booksprint edizioni, anno di pubblicazione 2020, pagine 200, scritta in seguito alla perdita della figlia Claudia a causa di un brutto male. L’autrice avverte il bisogno di esternare i contenuti dolorosi. La scrittura si rivela, così, un’ottima confidente per comprendere ed elaborare certi stati interiori, un balsamo per l’anima. Da un punto di vista psicologico, infatti, uno degli strumenti per elaborare le proprie sofferenze, i propri malesseri è proprio la scrittura. Certo, essa non risolve il problema della mancanza, ma è terapeutica in quanto raccontare gli eventi che ci hanno segnato aiuta a comprenderli meglio e a metabolizzarli. Tramutare gli eventi in parole li rende, quindi, più gestibili. Per la nostra autrice, la scrittura è, inoltre, un potentissimo strumento di comunicazione, un ponte, che le consente ancora di dialogare con la figlia scomparsa; infatti la Barbangelo si rivolge a lei, Claudia, domandando: «Ti ricordi quanto ci siamo divertite in quella gita? Quante risate ci siamo fatte?». Lei sa che la figlia non potrà risponderle, ma attraverso la scrittura sente di colmare quel vuoto, quella distanza, e soprattutto appaga la necessità di darle delle spiegazioni riguardo a qualche suo comportamento da madre apprensiva, per qualche suo divieto, per qualche “no” che ha dovuto pronunciare per l’amore e il benessere della figlia. Il senso di colpa, quando viene a mancare una persona cara, è fisiologico – così come il rimpianto per non aver detto o fatto una determinata cosa – ed esso, purtroppo, si presenta ancor più forte nell’animo del genitore che perde il proprio figlio, per via del ruolo di responsabilità che si trova a ricoprire nell’educazione e nella crescita. La Barbangelo avverte l’esigenza di spiegare, di chiedere scusa alla figlia per quelle volte in cui è stata più risoluta. Ma si sa, per quanto il senso di colpa in un genitore sia una reazione interiore naturale, conseguente alla perdita, e non un fatto che abbia un collegamento veritiero con qualche mancanza effettiva o presa di posizione – inezie del tutto inconsistenti – si avverte il bisogno di esternarlo, di ritornarci su, di analizzarlo fino all’eccesso. È l’esigenza, per l’autrice, di farsi meglio conoscere dalla figlia, di farle capire chi sia stata prima di diventare madre, quali esperienze abbia vissuto, di raccontarle le gioie, i dolori, i sacrifici, i successi conseguiti. E così le scrive di lei, della sua gioventù, dei suoi amori, dei suoi studi, delle sue passioni e inclinazioni proprio come se l’avesse di fronte. E le pagine scorrono delicate e intense, toccanti fino alle lacrime, tanto da far immaginare al lettore una “corrispondenza di amorosi sensi” che tramite il filo emotivo dei ricordi le tiene legate attraverso le due dimensioni. E la madre ricorda alla figlia di quegli eventi in cui interventi divini, angelici, avevano scongiurato sciagure nella loro famiglia, e di come le fossero rimaste in mente le sue parole di bambina quando le aveva detto di vedere accanto a lei una presenza luminosa. La Barbangelo ripercorre la sua vita, soffermandosi su episodi rilevanti come il momento della nascita di Claudia, la gioia di essere diventata madre di una meravigliosa bambina, l’entusiasmo per il carattere di lei che crescendo diveniva sempre più risoluto, il suo orgoglio per l’impegno che la ragazza metteva nello studio e per gli obiettivi raggiunti; la determinazione e l’amore della figlia per la vita anche durante il periodo della malattia. Una scrittura densa, fitta, e finalmente consapevole di quanto l’amore sia quel forte legame che oltrepassa ogni dimensione dello spazio e del tempo perché è pura energia, e con esso è possibile andare ovunque, perché quando muore una persona si separano i corpi ma non le anime. Una terapia, per la Barbangelo, questa biografia. Una vittoria tra le sofferenze terrene, perché l’autrice ha compreso che la scrittura sarà sempre quella via speciale che le consentirà di abbracciare sua figlia, di parlarle, di dirle tutto quello che sente, confermandole l’infinito amore che le legherà per sempre, perché come scriveva Henry Scott Holland nella sua toccante poesia La morte non è niente: «La morte non è niente. / Sono solamente passato dall’altra parte: / è come fossi nascosto nella stanza accanto. / Io sono sempre io e tu sei sempre tu. / Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. / Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; / parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. / Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. / Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, / di quelle piccole cose che tanto ci piacevano / quando eravamo insieme. / Prega, sorridi, pensami! / Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: / pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. / La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: / è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. / Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? / Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. / Rassicurati, va tutto bene. / Ritroverai il mio cuore, / ne ritroverai la tenerezza purificata. / Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: / il tuo sorriso è la mia pace». Un libro curato – non solo nelle parole ma anche nei dettagli, come il colore rosa della copertina, il preferito da Claudia – come solo l’amore di una madre sa fare. Un tributo ad un’anima speciale qual era Claudia nel suo modo di essere, nella sua spontaneità, iperattività, nell’assenza di pregiudizi, nella sua solarità e unicità. Come mille oceani: una terapia anche per il lettore, e per chi si trova a dover affrontare una perdita così importante. Del resto la scrittura è un balsamo per l’anima non solo per chi scrive ma anche per chi legge.

Amelia Desiati

INTERVISTA 

Cosa significa scrivere in riferimento a tale argomento per Michela Barbangelo? 

Mi sono approcciata alla scrittura, perché ho avuto un impellente bisogno di comunicare, in una lunga e ininterrotta lettera di addio o di arrivederci con la mia amata figlia Claudia, che mi ha lasciato, che ci ha lasciati, prematuramente e inaspettatamente, dopo un breve, ma concitato, periodo di malattia, che è stata devastante, soprattutto per noi, perché non siamo riusciti a salvarla.

Amore, fede, connessione spirituale. Il suo punto di vista. 

Per me, scrivere questo libro, ha significato molto, perché mi ha messo in connessione con la sua Anima; anche perché mi reputo credente in Dio, ma, nei primi mesi, subito dopo la sua scomparsa, ero confusa, arrabbiata, soprattutto con Dio. Ad ottobre del 2018, cioè, dopo tre mesi, si è delineato in embrione, l’organizzazione e la stesura del libro, che, per altro, mi è risultato un lavoro difficile, sia dal punto di vista strutturale (perché non avevo mai scritto romanzi in vita mia, tranne qualche lavoro strettamente scientifico, tipo tesi di laurea in ambito riabilitativo, quindi, argomenti molto schematici), sia dal punto di vista piscologico-emozionale. Infatti, ho impiegato quasi due anni per vedere realizzato il libro. Non so come ho fatto, ma ce l’ho fatta! E sicuramente mi hanno aiutata mia figlia Claudia e mio padre, che era uno stimato professore di Lettere classiche, da lassù, o da un’altra dimensione che noi chiamiamo “Paradiso”.

A proposito del suo libro...

Nel libro, ho ripercorso, come un filo conduttore, dalla mia vita, dalla mia famiglia di origine, fino al richiamare i ricordi della sua infanzia fino alla fine dei suoi giorni, quale bambina e quale ragazza speciale lei fosse stata, anche se poteva, e lo era, la ragazza della porta accanto, sempre solare, gentile, con il suo immancabile sorriso. In conclusione, il messaggio che ho voluto e voglio dare è quello che l’Amore tra madre e figlia, ma anche con i nostri cari è indissolubile e non si spezza neanche con la Morte. Infine, il mio libro non è del tutto triste. Solo gli ultimi due o tre capitoli, quelli riguardanti l’esordio della malattia e la fine della sua vita, anche se, a dire il vero, ho sfiorato gli ultimi istanti, perché il ricordo era, ed è tutt’ora doloroso per me. 

Di seguito il link del libro (intervista)

L’AUTRICE SI RACCONTA 

Nasco nell'agosto del 1962 e ho vissuto ad Andria (BT) fino al 1994, anno in cui mi sono sposata e trasferita a Trani, dove attualmente risiedo; lavoro a Bisceglie nella Struttura Ospedaliera “Universo Salute-Opera Don Uva”, laureata in fisioterapia e dipendente presso l’Unità di Medicina Fisica e Riabilitazione” da oltre trent’anni. Sono una scrittrice neofita, alla sua prima esperienza editoriale. Nella mia opera prima, parlo con mia figlia Claudia, morta prematuramente, a Luglio del 2018, dopo due mesi e mezzo di malattia, che non le ha lasciato alcuna speranza ed è una lunga lettera di addio o di arrivederci, in cui si rileva un profondo legame di amore, che va oltre la morte terrena, legame, questo tra madre e figlia, che continua per l’Eternità. È un romanzo autobiografico e biografico, in cui tra le righe si delinea la personalità e la bellezza di una bambina e poi di una ragazza speciale. Oltremodo, forse ho un progetto di scrivere un altro libro, sempre che riguarda la spiritualità e la sopravvivenza dopo la “morte”.