SFOGLIANDO IL TEMPO

di GABRIELLA PACI

GENERE: POESIA

RECENSIONE

Per quanto il tempo sia un concetto astratto, sfumato, nell’“alternanza” della sua oggettività e soggettività, ne hanno parlato filosofi, poeti, scrittori, e continueranno a farlo in quanto esso è intimamente collegato all’esperire umano. Il tempo piuttosto rappresenta quello spazio prezioso in cui sono contenuti pensieri, emozioni, impressioni, sensazioni. Spesso ci si illude di essere padroni del tempo, ma in verità non lo si è mai completamente; né di quello trascorso – benché ci siano i ricordi felici ad allietarci – come è ben evidente nelle poesie che l’autrice Gabriella Paci racchiude in Passate stagioni, prima sezione della Silloge Sfogliando il tempo (Edizioni Helicon anno di pubblicazione 2021, pagg. 90) perché comunque emergono malinconie e rimpianti a rattristare il cuore, né di quello presente perché malgrado l’intenzionalità dell’attore agente c’è la variabile dell’imprevedibilità, né tantomeno di quello futuro che rimane sempre un punto interrogativo nel percorso dalla progettualità delle idee all’implementazione delle stesse. Eppure Gabriella Paci, nonostante e grazie alle sue inquietudini, in questo tempo liquido, fragile, perché appunto mutevole, incostante, sfuggente, precario e imprevedibile, riesce a incastonare la sua poesia nelle intercapedini dell’essere, riempiendo le crepe, curando le lacerazioni anche, all’occorrenza, allontanandosi dal dolore quando esso diviene quasi lancinante; e lo fa, in modo più evidente, nella terza parte, Ricorrenze, della sua opera poetica; parte in cui vi è un tempo “disancorato” dai fatti trascorsi, che pur nella loro incisività o tragicità esprimono necessità e possibilità di rinascita anche grazie ai delicati accostamenti agli elementi della natura. È il tempo del recupero interiore, di una sorta di desiderato distanziamento; della “rimozione” se vogliamo usare un termine che dia l’idea di un meccanismo di difesa atto ad allontanare pensieri, che generano sofferenza, intollerabili dall’io; o ancora è il tempo dell’“epochè” attraverso cui secondo Husserl “si pone tra parentesi” il mondo, sospendendo il giudizio di esistenza delle cose e liberandosi da eventuali preoccupazioni consentendo all’io di diventare spettatore “disinteressato” di sé stesso, una sorta di sospensione del “giudizio”, quell’“atarassia” abile a riprendersi il necessario spazio interiore di serenità. In Ricorrenze è, infatti, percepibile una “messa tra parentesi” di ciò che ormai è vissuto e andato, per ritrovare i fili di una dimensione atemporale personale e salvifica che dia respiro al sogno, all’immaginazione, alla speranza, alla tranquillità propria di quel “prima”, che ormai non c’è più, in cui non vi erano gravi minacce e si poteva più facilmente sognare. Una messa tra parentesi dove non vi è più solo il “peso” di dover narrare di eventi tristi o confrontarsi con quelli duri del presente. Del resto la poesia è libero volo, possibilità di evadere disancorandosi da tutto ciò che appesantisce il cuore, consentendo all’anima di aprirsi all’oltre, alla speranza, al desiderio. E in ogni sezione, contro ogni malessere dell’anima o infausto evento, emerge comunque in fondo al tunnel sempre una luce che rinfranca. Così, in Passate stagioni risalta il conforto delle figure genitoriali, che nel presente dell’autrice sono sostanza viva, come il ripensare alla madre nella poesia Il nome mio:

«Il nome che mi hai dato, madre, / lo porto cucito addosso sulla pelle / invisibile tatuaggio d’amore e di attesa / che parla di te con me quand’ero / poco più di un pensiero / ricorrente della carne e del cuore. / Tu non hai saputo mai e non saprai / quanto di te mi dice se ripenso / alla tua voce che mi chiama / e mi chiude dentro un cerchio / di presenze lontane ma mai / fuori dal suono dell’anima / che sa che anche un nome può / essere concreto nello scandire / sillabe come pegno di un destino / che ci lega per sempre insieme / - in nome dell’amore -»

o al padre (chiosa della poesia A mio padre):

«… Eri semplice e contorto come / ulivo dai sapidi frutti / cresciuto in fretta su pendii / ma che dona paesaggi di pace / anche se la pietra è dei luoghi regina».

Padre al quale lei tanto somiglia anche nella silenziosa inquietudine che accompagna il suo viaggio:

«Dicono di me che ti assomiglio / nella cocciuta ostinazione a credere / nella verità e nell’attaccarsi / agli scogli del vivere come ostrica / incapace di esistere disancorata / dai suoi affetti, ma capace / di racchiudere segreti di perla / per chi sa guardare nel profondo» (dalla poesia Lievito antico).

O ancora nel ricordo dei luoghi cari (versi della poesia Via Oberdan n.7):

«In via Oberdan al numero sette, è rimasto / tra i cocci qualcosa di me: un allora senza pretese / ginocchia di callo, guance paffute e mani tese / ad afferrare la luna nel cielo scoprendo / che la felicità la potevo afferrare con pochi / denti ma masticare piano, per farla durare / come le bambole belle ma molto rare».

È sempre la speranza a fare capolino in ogni sezione della silloge dell’autrice (versi della poesia Regalami un mazzo di parole):

«Non ho bisogno / d’altro che di sentire il profumo / delle illusioni per accendere / la lanterna della speranza / sul davanzale delle attese / dove appassisce il fiore / di passate stagioni di sole /».

Così come nella seconda parte, intitolata Tempo fragile (versi della poesia Un sospiro d’azzurro), dove l’autrice narrando dello smarrimento e dello sconforto dell’umanità di fronte all’attuale pandemia non si rassegna alla triste realtà:

«Si attacca lo sguardo ad un sospiro / d’azzurro per poter pensare ancora / che ci sia cielo e sole là, / oltre le montagne, oltre i capelli / scuri di notti senza luna».

Nonostante il peso di eventi che mai si sarebbero potuti immaginare, ella si aggrappa alla speranza avvertita fortemente nella poesia Resurrezione, una tra le più emozionanti della silloge:

«Attendiamo un segno di resurrezione / per poter disperdere petali di speranza / sui pendii della paura e ritrovare dietro / le maschere della falsa sicurezza, / la luce impavida di un sorriso nuovo. / Sarà allora la primavera in un’alba / di rinascita in mani che trovano mani».

Ed è, secondo il sentire dell’autrice, come un viaggiare, un navigare in un mare “mai uguale a sé stesso” questo nostro andare per le vie del tempo (dalla poesia Navigando):

«... un viaggiare questo che culla / nello sciabordio delle onde sullo scafo / vecchie e nuove illusioni nascendo / al chiarore della luna tesa / sulla sconfinata distesa / sorsi di fluttuante serenità».

Nell’ultima sezione, Ricorrenze, l’autrice sembra voler chiudere un cerchio cercando un modo di ritrovarsi e riconoscersi, un appiglio, qualcosa che in qualche modo la leghi al passato eppure la proietti con uno spirito nuovo verso il futuro, imparando ad assaporare e a godere di ogni attimo favorevole per poter riprendere a fantasticare. Ed è come se la Paci si rinfrancasse e tornasse ad ascoltare quella voce profonda e autentica, capace di difenderla da pensieri che la turbano, consentendole di rifugiarsi in quella dimensione immaginifica e confortante del sogno che è luce e speranza:

«Ma sconfitto è già il tempo del durare / e la rondine sa la fatica del migrare / per questo si affida ora alla ferma / aria d’un giorno d’estate come / un invito a raccogliere il seme / d’un momento di pace. / Anche gli ulivi privati del vento dimenticano / la loro natura d’affanno e sognano / il rumore del mare lontano…» (dalla poesia Estate).

Una raccolta da assaporare a piccoli sorsi, poiché ogni componimento, ogni verso, ha infinite sfumature che solo attraverso una attenta lettura possono essere colte nell’interezza della loro profondità. Si avverte una piacevole musicalità espressa non soltanto con le rime, ma anche attraverso i toni pacati e con pause; respiri che l’autrice riesce a trasmettere mediante una naturale e spontanea, suddivisione dei versi. È una raccolta capace di suscitare pregnanti emozioni, lasciando quel retrogusto di malinconia, di inquietudine e a tratti di pace, aprendo all’attesa di una realtà più confortante e a misura d’uomo.

Alessandra Ferraro

INERVISTA

Come nasce l’idea di questa silloge?

L’idea di questa silloge, che raccoglie testi dal 2019 al 2020, è nata dal trascorrere del tempo che diventa un pensiero ricorrente quando, non più giovani, si fanno i conti e ci si rende conto che la “curva convessa del tempo” è nella fase discendente. Capita, allora, di “sfogliar” e l’album dei ricordi per assaporare di nuovo emozioni e sensazioni significative del passato e allungare, in un certo qual modo, la durata stessa del tempo.

Ha suddiviso la silloge in tre sezioni: Passate stagioni, Tempo fragile e Ricorrenze. Quel è la poesia che per lei più rappresenta ciascuna sezione? Ne motivi il perché.

Le tre sezioni scandiscono i ricordi: in “Passate stagioni” dove ci sono gli affetti e le emozioni dell’infanzia e dell’adolescenza ed è, per questo, la sezione più rappresentativa della silloge stessa. Volendo citare i testi più significativi io mi riferirei a quello che riguarda mio padre, “A mio padre” o mia madre, “Ricordo” o ancora “Eravamo” quando la spensieratezza o comunque la voglia di guardare al futuro e di innamorarsi dominavano su altri pensieri. La seconda sezione, “Tempo fragile”, riguarda un tempo che purtroppo è ancora oggi un tempo difficile, dove le nostre certezze ed aspettative risultano tradite e tutto appare estremamente delicato, pronto a mutare e andare in mille pezzi. Qui ci sono le poesie che riguardano la pandemia e, dunque si passa dalla serenità dei ricordi lieti ad un presente che è fatto di sconcerto e dolore come è testimoniato da “E si fa spina in gola ogni parola” e “Oggi la città è affidata a se stessa”. La terza sezione, “Ricorrenze”, riguarda eventi che “ricorrono” in quanto, pur collocandosi in un tempo definito, sono eventi che pur nella mutevolezza delle circostanze e delle persone, si ripetono nel tempo. Sono eventi catastrofici, dovuti ad incuria umana o a cause ambientali o situazioni di vita che si ripetono. “Ulisse senza Itaca” può essere un testo rappresentativo di questa sezione.

L’incertezza del presente e l’ansia per un futuro sono ben evidenti nella sua silloge “Sfogliando il tempo”. Quale o quali poesie nel momento in cui le ha scritte meglio rappresentano i due stati emotivi?

Il tempo presente è indubbiamente un tempo di incertezza e di inquietudine come evidenzia il testo “cieli smarriti” dove la vita appare estremamente fragile. Il futuro? Si apre indubbiamente alla speranza con “Lentamente” quando la ripresa della vita libera appare baluginare di nuovo e come è auspicabile adesso con la possibilità offerta dai vaccini.

Cosa ha rappresentato per Gabriella Paci scrivere questa silloge?

Questa silloge, iniziata nel 2019 e conclusa nel 2020 è nata, come le precedenti, dall’esigenza di comunicare pensieri, sentimenti ed emozioni. Nel tempo, con la diffusione della pandemia si è sviluppata la sezione “Tempo fragile” poiché, come è ovvio, anche una poesia definibile come intimistica o lirica, non può prescindere dagli avvenimenti che cambiano il vivere, diventando perciò anche civile, ma questo accadeva anche nelle altre sillogi. Questa semmai, come detto, nasce dal desiderio di rivivere il tempo passata attraverso il ricordo. Ci regali qualche suo verso, da lei particolarmente amato, che racchiude il senso del suo poetare in riferimento a questa silloge. Ogni sezione si apre con dei versi tratti da una poesia ivi contenuta che è particolarmente significativa. Comunque dato il titolo e il motivo di partenza della silloge tutta, ricorderei alcuni versi di “Eravamo”. “Eravamo pronti a saltare il confine/cavalcando sogni non spesi: nella gola la sete di vita/negli occhi il colore dei desideri…” ma voglio lasciare a ciascun lettore la possibilità di ritrovare anche un po’ del suo tempo leggendo la silloge…

A proposito della sua silloge...

Quest’opera rappresenta un modo per parlare di me attraverso il tempo passato e il presente dove credo tanti si ritroveranno poiché c’è un mondo di emozioni e aspettative che non sono stati e non sono solo miei. È comunque il proseguo di quella ricerca di risposte e di conferme che caratterizza la mia intera produzione: domande sui tanti perché che la vita ci pone davanti e conferme, attraverso la condivisione, anche tramite riconoscimenti e premi letterari, che il mio sentire è quello di tanti.

A chi affida la promozione della sua opera?

L'Affido a chi ha curato la prefazione ed è una persona di indiscussa cultura e professionalità come la critica Fernanda Caprilli, ai stimatissimi critici e scrittori come Francesco Ricci e Marco Galvagni, al blog La locomotiva di Andrea Terreni e a quanti altri vorranno dedicarmi il loro tempo e la loro parola il compito di far meglio conoscere chi sono e quello che scrivo… Ha in cantiere qualche altro lavoro​ poetico? Nel mio futuro professionale c’è ancora una volta la scrittura, in special modo quella poetica che mi è più congeniale: infatti ho già scritto alcune altre poesie che mi auguro,confluiranno in una prossima raccolta edita.

Dove è possibile acquistare il suo libro?

Nota bio-letteraria di Gabriella Paci

Laureata in storia e filosofia presso l’Università degli studi di Firenze, Gabriella Paci ha sempre vissuto ad Arezzo, dove ha svolto e svolge anche quest’anno con passione l’insegnamento delle lettere presso un istituto superiore della città. Appassionata di viaggi e di letture, ha da sempre l’inclinazione ad osservare la realtà ed ascoltare la sua voce interiore. Nella certezza che inquietudini, passioni, emozioni e sogni sono propri dell’itinerario esistenziale di ognuno, e dunque universali, ha voluto e vuole condividere le sue poesie con gli altri. Ha pubblicato tre libri di poesie “Lo sguardo oltre…” edito da Aletti nel 2015 “Onde mosse” edito da Effigi nel 2017 “Le parole dell’inquietudine” edito da Luoghinteriori nel 2019. Grazie anche ai numerosissimi e prestigiosi premi di carattere nazionale e internazionale ricevuti quali, tra i tanti, “Il premio Michelangelo”; Premio “Quasimodo”; “Buongiorno Alda”; “Città di Varallo”; Premio internazionale “Poeta dell’anno” di Milano ecc. per un totale di 95 tra premi e riconoscimenti vari. Trova sempre nuovo stimolo ad esprimersi. Ha pubblicato in riviste quali “Luogos” del Giglio blu di Firenze e “Buonasera Taranto”. Fa parte ultimamente dell’associazione “Wiki poesia” e di “Poetas du mundo”.