ROBERTA MANZATO: NEMESI - COUNTDOWN

GENERE: ROMANZO “REAL FANTASY”

RECENSIONE

«Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all’altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatta all’altro» (Levitico, Antico Testamento). Sono queste le parole che, per certi versi, mi sono tornate alla mente mentre leggevo l’opera dell’autrice Roberta Manzato Nemesi - Countdown (Booksprint edizioni, anno di pubblicazione 2021, pagg. 202) che affronta il problema non solo della mancata giustizia terrena, ma anche di tutte quelle spiacevoli angosce e conseguenze alla quali sono condannati tutti coloro che, venendo abbandonati dalla giustizia, cieca e sorda alle loro richieste, sono costretti a subire. In un mondo dove soprusi, violenze, coercizioni, e violazione di diritti sono all’ordine del giorno – il particolare riferimento a questi tempi non è puramente casuale – il libro della Manzato più che in qualsiasi altro periodo rimanda, purtroppo, la fedele immagine della nostra attuale società: disorientata, avvilita, umiliata dai tanti soprusi rimasti impuniti. Basti pensare alle continue violenze a discapito delle donne, ai numerosi casi di femminicidio, allo spaccio di sostanze stupefacenti e ai tantissimi altri reati che rimangono impuniti e che nel romanzo vengono trattati dall’autrice. Chiaro è che se si agisse come recita il citato verso dell’Antico Testamento, prendendolo alla lettera, si finirebbe nel caos più totale. Quando non si può sperare in una giustizia terrena che castighi i colpevoli per i loro reati, allora esistono due vie percorribili: mettersi l’anima in pace sottostando alle angherie, come capita spesso alla povera gente che non ha i mezzi per difendersi o, per chi crede in una giustizia divina, sperare che qualcosa di sovrannaturale possa compiersi. L’autrice percorre, con il suo romanzo, la seconda strada imbastendo una storia con solo convincente ma anche avvincente in quanto ricca di colpi di scena che sorprendono il lettore fino all’ultima pagina. Senza dubbio un’opera che ha richiesto una grossa dose di fantasia, sostenuta da quei sentimenti di sofferenza, inquietudine e frustrazione che un po’ tutti sperimentano quando continuano a essere non solo vittime di aguzzini e carnefici ma anche di un sistema che dovrebbe intervenire garantendo la giusta pena ai malfattori, e che invece di giusto ha solo il nome, poiché come spesso capita di fronte al dio denaro e al potere di persone influenti tutto si può comprare: favori, silenzio, sentenze. Le sensazioni che si provano leggendo questo libro sono quelle di appagamento, gratificazione, sollievo; le stesse che sicuramente abbiamo provato davanti a film come Il giustiziere della notte e simili. Tuttavia, mentre nel film citato è la stessa persona colpita nei suoi affetti a decidere di farsi giustizia, spinta da un sentimento di vendetta, nel libro della Manzato chi agisce contro i malfattori è un’entità “spirituale”, un’anima decisa a far pagare ai rei i loro crimini, che agisce con astuzia, lucidità e anche crudeltà: la Nemesi... «Lei era la Nemesi: assassini, prevaricatori, carnefici, corruttori, ovunque l’avessero fatta franca con la giustizia terrena, nulla potevano con la giustizia “divina”. La sua missione era portare ordine nelle cose, la pace a chi ne era stato derubato, la dannazione e la morte a chi aveva inflitto il danno. Da qualche parte là fuori chi l’aveva fatta franca sorrideva, ignaro che il countdown era iniziato e che per qualcuno il tempo stava per scadere». Il romanzo ha come protagonista della prima parte Teresa, una deliziosa e ingenua ragazza, studiosa e a modo che, dopo essere stata ingannata nei sentimenti, drogata, violentata da un gruppo di ragazzi, bullizzata, derisa e umiliata, pur contando sull’amore e il sostegno dei suoi genitori che vengono a loro volta ricattati, per porre fine alla sua sofferenza, arriva a mettere in pratica il gesto più estremo. Ed è a seguito di questo funesto e ingiusto evento che l’autrice mette in campo tutta la sua inventiva per intrecciare avvenimenti, situazioni, e ricamare i personaggi con grande abilità. Dopo la triste storia di Teresa che si conclude con il peggiore degli epiloghi, la Manzato riesce progressivamente a sostituire alla presenza della protagonista quella della Nemesi che agisce fino al termine del romanzo. Ma chi è in realtà questa Nemesi? Da dove viene? Perché ha a cuore la sorte di tanti malcapitati? Quali strategie metterà in atto affinché giustizia sia fatta? A cosa servono clessidra e katana? Quali sono i misteriosi legami con il presente e il passato? Una scrittura fluida, corretta, scorrevole. Una narrazione adatta a tutte le età grazie al linguaggio semplice e impostato sulla familiarità col fantasy, per quanto la prima parte rimane saldamente ancorata a una realtà concreta. A rendere così intenso l’insieme è lo stile dell’autrice, che con la sua scrittura evocativa presenta ogni scena reale, in particolar modo quelle relative alla descrizione della metamorfosi della Nemesi. Così come vivide sono le descrizioni del posto in cui è ambientato: la Puglia, Gallipoli, nel Salento con i suoi odori, i sapori, le tradizioni, le lunghe e afose estati; aspetti che solo chi è del luogo può riconoscere e sentire familiari. Per chi volesse assaporare quel senso appagante della giustizia che nella realtà non trionfa quasi mai, il romanzo della Manzato è decisamente suggerito. Complimenti all’autrice.

Alessandra Ferraro 

INTERVISTA 

Come nasce l'idea di questo libro?

Il mio romanzo, Nemesi Countdown, nasce da un sogno chiuso nel cassetto da troppi anni. Il lockdown dello scorso anno mi ha aiutato in questo senso ad avere il tempo per dedicarmi alla scrittura. È un romanzo che nasce dal profondo disprezzo e dal senso d'ingiustizia che mi ha pervaso negli ultimi anni a proposito delle numerose e dolorose interviste sentite in TV dalle vittime di violenza sessuale, dai programmi televisivi e anche dagli articoli di giornale che riportavano numerosi casi di donne o ragazze vittime di violenza, dove spesso i responsabili erano stati assolti, oppure avevano avuto, nel migliore dei casi, una pena lieve, o addirittura avvocati, difensori dei carnefici, avevano portato in tribunale argomenti assurdi adducendo che i loro clienti erano stati attratti dal modo di vestire o dall'atteggiamento provocante della vittima, per instillare l'idea in chi doveva giudicare, che in realtà la colpa era proprio della vittima e dei suoi modi di fare, spostando l'attenzione sulla reazione (la violenza) dovuta all'azione (di attrarre), quasi una sorta di giustificazione. Donne violentate nel fisico e poi minate nella mente, da chi invece doveva tutelarle e riscattarle nelle sedi processuali. A qualcuna è andata anche peggio, come la vittima del mio libro da cui tutta la vicenda si snoda. Peggio della violenza è il cyberbullismo, la notizia e un video esplicito che viaggia veloce sui social, al ritmo di un clic. Improvvisamente una giovane ragazza si trova ad affrontare il mondo ristretto di una località di provincia dove tutti si conoscono, dove tutti sono giudici e carnefici, dove lei suo malgrado è la protagonista indiscussa di una serata non voluta, drogata contro la sua volontà, stuprata a ripetizione da quello che credeva il suo primo grande amore indiscusso e filmata dagli amici di lui. Non riuscirà a sopportare il senso della vergogna, l'oppressione e l'emarginazione sociale. Dalla sua tragica fine si snoda il countdown legato ad una clessidra e ai suoi mille granelli di sabbia... Il conto alla rovescia è iniziato all'insaputa dei carnefici. Il romanzo ha un'unica indiscussa protagonista: la Giustizia. Non quella terrena, non quella delle aule dei tribunali... la mia giustizia è rappresentata dalla Nemesi metà donna e metà Dea, spietata e letale. Un'entità che si trasforma all'occorrenza da bella donna di mezza età ad attraente ragazza dall'aspetto celestiale. In entrambe le versioni lei è lucida e fredda nel perseguire i suoi obiettivi. Anche la Nemesi nasconde un segreto e alla fine del libro lei stessa farà i conti con il suo misterioso passato.

Cosa significa scrivere per Roberta Manzato?

La scrittura per me è sempre stata fonte d'ispirazione, non ho avuto alcuna difficoltà a raccontare la storia, perchè era nella mia testa ed è come se tutte quelle idee che l'affollavano, si fossero gettate con veemenza sui fogli attraverso la penna. Ero come uno spettatore sulle teste dei miei personaggi, solo che più che spettatore ero un marionettista, li manovravo e li facevo colloquiare tra di loro, pagina dopo pagina. Solo che mentre gli ideavo, li descrivevo, li facevo parlare, era come se loro fossero davanti a me e aspettassero di prendere la parola, di prendere vita, uno dopo l'altro aspettavano dietro un sipario di poter entrare in scena. Ognuno di loro ha un ruolo sociale ben definito e rispecchia uno spaccato della nostra società ad ogni latitudine: dal bello e dannato, alla dolce ragazza romantica e disillusa. Dal ricco e potente a cui tutto è dovuto, alle persone umili, anime belle in via di estinzione. Dai caratteri forti che si ribellano a quelli che subiscono le situazioni. Da chi vive una vita agiata ma vuota a chi cerca una via di fuga in cerca di gloria. Nel mezzo tanti personaggi-comparse volutamente inseriti: le comari, le mogli insoddisfatte, le amanti nascoste, gli insospettabili dalle doppie vite, i corrotti. A chi mi ha chiesto se l'aver ambientato il libro al Sud fosse voluto perché la mentalità è più ristretta, ho risposto di no. È del tutto casuale; conoscevo bene il Salento a cui tra l'altro sono particolarmente legata affettivamente e volevo che il lettore ne conoscesse le meraviglie: Gallipoli, Porto Selvaggio, Galatina, Roca, la Grotta della Poesia, posti dalle atmosfere magiche che mi hanno ispirato con le loro scogliere battute dal vento, le loro vecchie torri, le stradine sinuose, le piazze vissute. È stato emozionante soprattutto il momento in cui i primi lettori mi hanno mandato messaggi positivi di stima. Sapere che ho incollato al libro persone fino alle due del mattino, o apprendere che qualcuno ha pianto nel leggere alcuni passaggi del libro mi ha resa felice e ho pensato che se sono riuscita a  suscitare interesse ed emozione, allora ho di certo scritto qualcosa di buono, il ché non era affatto scontato trattandosi anche del mio primo libro.

Quali sono i messaggi più importanti che ha voluto trasmettere con questa sua opera?

Sicuramente una scommessa con me stessa di risvegliare le coscienze. In un mondo che si basa moltissimo sul virtuale, sul sentito dire, sul passa parola social, spesso ci dissociamo dal mondo reale che è fatto di persone vere, di fatti inequivocabili e di mali sociali ai quali ormai abbiamo fatto quasi l'abitudine. Ma così non deve essere. È importante, invece, dare risalto al fatto che ogni donna, ogni ragazza, possa esprimere la propria personalità senza essere sempre e costantemente giudicata. È importante battersi per quello che sono le ingiustizie, in una società dove spesso il prevaricatore viene tutelato e giustificato con pene lievi o irrisorie. L'auspicio è che non ci siano più donne lasciate sole a combattere le loro battaglie, solo per cercare di far riconoscere le offese subite, o le violenze casalinghe, o i soprusi sul lavoro, o l'emarginazione a scuola per essere etichettate come facili. Non ci deve essere più la morte vista come un unico rifugio possibile per difendersi dalle malelingue, dalle maldicenze o dalle mancate giustizie. Non ci deve essere neppure la Nemesi che è stata creata volutamente per gridare tutto il fallimento delle istituzioni alle quali, mi scuserete, io non credo più da un po' di anni a questa parte. Spero in una inversione di tendenza, ecco perchè la clessidra, mi piacerebbe poterla capovolgere e rifare ricadere tutta la sabbia al contrario, simbolicamente, per ritornare indietro nel tempo e poter cancellare tutto il male fatto.

Ha in cantiere qualche altro lavoro scrittorio?

Ho iniziato un altro romanzo, del tutto diverso da questo, anche se qualcuno mi ha chiesto di scrivere il seguito della Nemesi. Per quanto il personaggio mi piaccia per il suo modo risolutivo alla radice di fare giustizia, questo che sto scrivendo ha sempre protagonista un'eroina donna. È una storia di resilienza, ma per il momento non posso aggiungere altro. Il mio personaggio non ricorre alla Nemesi, sarà lei stessa artefice del suo riscatto.

Scriva ciò che ritiene importante in riferimento al suo libro.

La prima persona che ha letto il prologo del mio libro è stata mia figlia Aurora, che ha diciassette anni. È stata anche la prima ad emozionarsi e a leggerlo tutto. Ricordo che mi disse: “Mamma se ne potrebbe fare un film, tutti dovrebbero vederlo". E poi continuò convinta: "...E se non te lo pubblicano sono dei pazzi". Siccome è una lettrice abbastanza critica, ho pensato che forse aveva proprio ragione. Anch'io lo vedrei sul piccolo schermo, con i colori e le magnifiche spiagge di Gallipoli e dintorni. Qualcuno mi ha detto che l'ho piacevolmento sconvolto. Questa affermazione mi ha fatto pensare che sono arrivata al cuore della gente, o che comunque in qualche modo sono riuscita a suscitare emozioni positive o negative, ma pur sempre emozioni. Il libro di per sé è anche crudo. La scena dello stupro è stata volutamente forte e, credetemi è stata mitigata, perché nella prima stesura del manoscritto è assai più cruenta. In qualche modo dovevo portare il lettore in quella stanza, far provare il dolore e creare l'empatia intorno alla vittima, per poi tramutare quei sentimenti in rancore e spirito di rivalsa, non solo circoscritto ai carnefici, ma soprattutto nei confronti di un mondo esterno marcio, corrotto e intollerabile. Affinché il conto alla rovescia fosse in qualche modo presentato a tutti senza esclusione alcuna.

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