ARIANNA DANZO: A DISTRICARMI I SORRISI
GENERE: POESIA
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RECENSIONE
Sono diversi i temi trattati dall’autrice Arianna Danzo nella sua silloge A districarmi i sorrisi, (Editrice CTL Libeccio, anno di pubblicazione 2021, pagg. 100). Benché il titolo faccia pensare a uno stato gioioso, i componimenti esprimono, invece, dolore e sofferenza: ferite che a distanza di tempo paiono rimarginate ma che in realtà hanno lasciato importanti cicatrici sulla pelle. Sono proprio queste cicatrici che parlano all’autrice planando e prendendo forma sui fogli bianchi, divenendo poesia. Le cicatrici, lato oscuro, doloroso della sua esistenza, hanno plasmato l’essere della poetessa trasformandola nella donna di oggi, una donna, nonostante tutto, forte e combattiva. Ed è per questo che nei suoi componimenti emergono anche determinazione e gratitudine, come si evidenzia nella poesia Nel lato oscuro del mondo, in particolar modo nella chiusa: «Pure le crepe nel terreno / hanno il loro fascino. / Chi sarei adesso / senza aver appoggiato / la vita / nel lato oscuro del mondo? / Una tela senza traccia di colore / d’un pittore straordinario / lasciata invecchiare / dalle ragnatele».
È un’opera profonda, incisiva. Attrae e affascina, accompagnando il lettore in un caleidoscopio di sentimenti, ricordi ed emozioni che, con disinvoltura, narrano del mondo interiore dell’autrice, di quella sensibilità che le consente di traslare nella poesia ogni attimo, ogni battito, ogni respiro di ciò che la circonda.
I versi sono morbidi, leggeri, armoniosi, sì da conferire una particolare musicalità a tutta la silloge. Eccellente la capacità evocativa dell’autrice che descrive, con fare quasi istintivo, un’atmosfera intima, a tratti crepuscolare e soprattutto introspettiva. Amore, malinconia, inquietudine, tormento, ma anche tenacia sono i sentimenti che campeggiano nei suoi versi. Ben riuscito è l’utilizzo di riferimenti alla natura verso la quale la Danzo ha un profondo rispetto. Infatti nella poesia Il silenzio del mare parla, dispiaciuta, di quanto, purtroppo, gli esseri umani non salvaguardino il loro ambiente usurpandolo e inquinandolo.
Il lessico, pur non essendo aulico, è utilizzato con attenzione. Le frasi sono semplici, chiare e incisive. L’autrice si offre al pubblico autentica, senza veli. È ben consapevole che raccontare dei propri sentimenti, delle emozioni, di ciò che alberga nella profondità del suo essere è come spogliarsi di ogni difesa, esponendosi al giudizio. Ma questo all’autrice pare non interessare, anzi la sua maturità è tale da non tenere più conto, come in passato, delle opinioni di chi, per vari motivi, era propenso a farle del male. La Danzo esprime il suo malessere per quella certa società di facciata, che vive di apparenze, fermandosi alla superficie, senza mai avvertire il bisogno di scendere in profondità per comprendere empaticamente il prossimo.
I suoi sensi amplificati le consentono di osservare il mondo con uno sguardo acuto e di riflettere, attraverso un ripiegamento interiore – che non è un volersi eclissare dalla società alla quale appartiene – per giungere a una comprensione che va oltre la ragione, in quanto la vera essenza delle cose è possibile comprenderla solo attraverso i più puri sentimenti. La sua è una poesia intimistica e con uno sguardo onnicomprensivo sui fatti della nostra società. È così che l’autrice riflette sui mali, sulle piaghe del nostro tempo, come ad esempio il femminicidio. Intense sono le sue parole al riguardo nella poesia Donna: «Donna, / tu non meriti tutto questo: / sei forte / e l’andartene, / ti fa paura. / Donna, / ascoltami: / spicca il volo. / Sei nata libera / e ti dirò di più: / non sei l’unica. / Salvati, / prima / che arrivi notte tarda. / Donna: / non è troppo tardi / per correre su un prato / e lasciarsi alle spalle l’inferno. / Donna, / salvati». La sua poesia è, quindi, anche quella mano tesa, quell’aiuto, quel sostegno che grazie al suo essere empatico sgorga istintivamente come fiume in piena. E un animo sensibile come il suo non poteva non attenzionare anche quei malesseri dell’anima che si riflettono sul corpo, come nel caso dei noti disturbi dell’alimentazione che sovente si manifestano nella fase adolescenziale: bulimia e anoressia: «Un altro / giorno / nell’inferno. / Non t’accetti, / ti vedi sempre / “troppo”, / Colpa / d’un amore / che non ha cessato. / Ti chiedi / così tante volte / quando lui / ha deciso / di sgusciare / al di fuori / della tua vita, / sgualcendoti / il cuore. / ... / Oh, Chandra, / tu che cerchi / la perfezione, / sei bella così: / … / La bellezza / nel cuor tuo / non se ne andrà / mai altrove / col tempo, / non ti resta / che amarti». Versi che fanno molto riflettere sulla delicatezza di questi problemi che non vanno mai sottovalutati, ricordando che essi esprimono fame d’amore e che l’unica cura, appunto, resta sempre e comunque l’amore degli altri e, come ben evidenzia l’autrice, imparare ad amare sé stessi. Non poteva mancare nella silloge la considerazione e l’importanza dell’aspetto spirituale, di quella fede che le consente di continuare ad avere un dialogo con chi purtroppo non c’è più; quel qualcuno al quale l’autrice è molto legata, e che di certo è una persona speciale, tanto da dedicargli una poesia che porta il titolo della stessa silloge: «Tu che c’eri sempre / a districarmi i sorrisi / senza alcun doppio fine, / unico. / … / Sarai sempre con me, / dovunque io andrò» (dalla poesia A districarmi i sorrisi). Nonostante la vita non sia stata semplice, e l’autrice, come testimoniano i versi, ha pianto e sofferto, emerge sempre, in ogni poesia quella luce salvifica della speranza che tutto muta, quella possibilità che qualcosa possa cambiare in meglio: «Dicon / della speranza / sia più forte / di noi, / come si può / non assecondarla. / Sebbene / tutto, / sono diventata / pratica / nel voltar / pagine pesanti / e nulla / rimane / uguale a prima, / Non ce se ne accorge / nell’immediato / ed ogni cosa muta: / parte tutto / dagli occhi. / Sono / fermamente convinta / che il mondo / possa divenir / migliore, / lo stesso mondo / lo richiede: / sebbene / certe orecchie / non sappiano / ascoltarlo». Non rimane che farci deliziare dalle altre poesie di questa meravigliosa silloge che coinvolge e commuove al contempo. Complimenti all’autrice.
Marisa Francavilla
INTERVISTA
Come nasce l'idea di questa silloge?
Ho iniziato scrivendo testi, che avrei poi, dovuto cantare. Nello scritturarli, ci inserivo la poesia. Mollai il canto per dedicarmi del tutto alla scrittura. Proposi così, più avanti, la mia prima silloge poetica. Ed il sogno divenne realtà.
Cosa significa scrivere poesia per Arianna Danzo?
Lo faccio per necessità personale, altrimenti mi sentirei dispersa. È un modo per scavarmi dentro.
Quale il potere della poesia?
La poesia ha il potere di trasportarti in altre vite e toccandole, può succedere di ritrovarsi in esse.
Ha in cantiere qualche altra opera poetica?
Si, ho da poco finito il mio quarto manoscritto poetico.
A proposito della sua silloge...
Quand'è buio e costruiamo la parola "impossibile", la luce torna. A volte, abbiamo bisogno di fermarci per crearcela. In altre, basterebbe guardare fuori per coglierla. Non c'è età per il: "è troppo tardi".
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BIOGRAFIA
Arianna Danzo nasce a Schio (VI) nel marzo del 1997, in Veneto e risiede a Malo (VI). Attualmente fa la badante (part-time). Le sue passioni sono la scrittura e la lettura. Ha prestato servizio nel volontariato, come socia dell'ENPA, aiutando i cani al canile di Vicenza. Nel 2020 sono state pubblicate due sue raccolte poetiche: “A districarmi i sorrisi” e “Esser pioggia”. Le poesie della silloge “Esser pioggia” sono state paragonate a "quel fascino maledetto" e allo “spleen” di Charles Baudelaire. In questo ultimo anno è stata pubblicata la terza silloge poetica: “Nella corteccia dell'anima”.