RECENSIONI

Lᴀ Vᴏᴄᴇ ᴅᴇʟ Rᴇᴄᴇɴsᴏʀᴇ

SCRITTURA VIVA

LA CONGIURA di Federica Introna

recensione a cura di Franca Mancini

 

Il libro che propone l’autrice – Federica Introna – si presenta come una stupenda imbarcazione con cui ‘prendere il largo all’alba, quando non si vede dove inizia il mare e dove finisce il cielo’, dove poter lasciare ogni pensiero seguendo passioni verso un tempo lontano ed emozioni universali. Se è vero che la storia sia una maestra di vita, questo testo intitolato La congiura (Newton Compton editori s.r.l., anno di pubblicazione 2017, pag. 253, euro 9,90) – ambientato nei tempi dell’antica Roma e dintorni – adempie molto bene alla sua funzione e al senso di rivoluzione, sia narrativa che psicologica, sottostante. Una rivoluzione che passa attraverso la storia e l’universo femminile, incarnato nella giovane protagonista Epicari.

Condizioni e status sociali di diversa natura definiscono una schiera di personaggi, al servizio del Senato e quindi dello Stato, ma principalmente al servizio di se stessi e dei loro principi, in altre parole a sostegno della libertà dell’uomo; una libertà da sempre agognata ma nello stesso tempo temuta e difesa perché – si sa – ogni cambiamento, che sovverte l’ordine o la normalità, fa veramente paura. L’autrice non si stanca mai di ricordare e sottolineare questo e altro attraverso le azioni dei personaggi, citazioni poetiche e tracce epiche. Simpaticamente, la vedo abile e perfetta nell’Accademia della Crusca, dove vive e si trasmette la cultura, dove nei suoi quattro secoli di attività si è sempre apprezzato l’impegno a mantenere “pura” la lingua italiana. Quale membro virtuale dell’Accademia, l’autrice riesce a mantenere e rinnovare le antiche tradizioni nella lessicografia e nei contenuti narrativi.

Come nella memoria di una ‘festa’ – poeticamente descritta durante una notte stellata su una nave romana – la danza e la musica delle sue parole sembrano il respiro del libro, dove l’autrice balla in un cielo di idee vive e pulsanti. Con fierezza, recita e sostiene il sentimento della libertà universale e individuale che circola tra profondi pensieri “ai confini del mondo” e alla ricerca della verità.

Sulla linea del tempo e di quel tratto di storia, tormentato da assalti e feroci battaglie, alcune volte parlano i ricordi di distinti condottieri romani incaricati – a vario titolo – di proteggere l’Urbe, celebrati e narrati per placare gli animi e i sensi di colpa degli stessi, per consentire loro di sentirsi “eroi” nonostante tutto, nonostante scelte non sempre volute ma condizionate dalla gerarchia militare. Altre volte parlano i ricordi di una liberta, Epicari, per esaltare la volontà e la determinazione di una donna fuori dal comune, fuori dai rigorismi morali e mentali. Epicari, infatti, è una donna che non ha paura di esprimere le proprie opinioni e le condivide con gli “uomini”, con chi è ‘diverso’ da lei, in quella società e in quel tempo lontano. Con maestria e abilità, l’autrice ci suggerisce temi attuali anche se moralmente conflittuali dove l’uomo combatte e si ritrova ad affrontare sempre due generi di battaglie: quella personale e quella sociale. Talvolta si perde, altre si ritrova, anche se – come ci insegna la vita – cullato e sostenuto dagli affetti, dai valori in cui crede e per cui vive, come dagli amori più travolgenti. Suggerisce questo tema anche attraverso le parole di Quintilio Varo – personaggio che ci introduce nella casa e nella vita di Epicari – quando le dice «Tu qui sei e sarai sempre la benvenuta ma non si può tornare indietro del tutto, no? La condizione di schiava che in questa casa non ti è bastata cinque anni fa figuriamoci adesso. Quindi due sono per te le strade possibili: o quella di Bacco o quella di Minerva.» Due strade o due battaglie, rispettivamente segnate dalla sete di conoscenza o dalla apparenza. Due strade che spingono continuamente ogni persona a fare una scelta o a trovare un compromesso che non faccia poi così male. Ora come allora, la questione sulla disparità di genere torna viva e incalzante; la stessa che ancora oggi tormenta il senso e la morale che definisce la donna: “il male bello” o “un essere infido”.

Epicari, la protagonista, ci racconta questo e altro; in ragione della sua intraprendenza e volontà di cambiare lo stato delle cose, diverrà l’“accusato” in un processo orchestrato dagli uomini, più o meno potenti e più o meno affamati di potere. Lei: “in questo caso una donna e per giunta liberta”, costretta a seguire le disposizioni dell’autorità superiore. Non sempre si muove da sola ma in compagnia di altre schiave o donne libere. In particolare, quando ci porta a vivere una cerimonia ludico-religiosa nel territorio di Baia – la “festa delle schiave” – proiettandoci di nuovo nei tempi moderni dove la complicità femminile anima feste e ricorrenze in onore delle ‘rivoluzioni’ compiute dalle donne. Donne, forse come la coraggiosa schiava Tutula, che cambiano la sorte della storia anche se non sempre raggiungono l’apice sociale. Epicari guida alla gioia di stare assieme libere da vincoli e da doveri, felici di seguire i ritmi della natura e della vita, di difendersi da sole dai pericoli. Solo in questo modo mostra come sia possibile vedere sui loro volti una luce diversa. Come sia possibile vedere “il respiro della libertà”.

Dietro questo grande teatro storico e sociale, si respirano anche gli impeti e gli umori degli uomini potenti, come quelli dell’imperatore romano che caratterizza lo sfondo di tutta l’opera letteraria. Un teatro che recita la paura e il turbamento di Nerone, principe molto controverso nella sua epoca e diventato vittima di una congiura a causa dei suoi atteggiamenti dispotici e violenti. La sua paura si esprime con ‘fantasie ingannevoli di un animo in trepidazione’, panico e notti insonni cercando aiuto dalla scienza medica e onirica. Come ogni comune mortale, ‘quand’anco si ritenga un Dio’, egli piange sotto il peso degli eventi. Similarmente ‘piangono’ aristocratici e militari valorosi, dentro e fuori le mura romane o la Domus Aurea. Alcuni si angosciano, si tormentano ma senza per questo cambiare il loro destino e gettare la spada; altri invece, fanno solo quello che possono, perché riconoscono i propri errori e li condividono.

A concludere la storia, tornerà a splendere l’emblema delle donne combattenti – che difendono i valori in cui credono fino alla morte. Epicari incarna i suoi valori fino alla fine e, lei, fa solo quello che può celebrare la sua credibilità.

Nell’epilogo della storia, coraggio e fragilità umana parlano ancora nel dialogo fra due fratelli anche se – nel significato del Kairòs attribuito dai Greci – questo avviene per invitare il lettore ad occuparsi di ‘altre battaglie’, scegliendo il momento opportuno per vivere e agire nella propria vita.

Personaggi intriganti e altre circostanze storiche, non finiscono di raccontare e colorare lo scenario letterario; sono assolutamente da scoprire in questo libro accademico perché consentono di udire, con il cuore e con la mente, lo ‘sciabordio’ dell’animo umano.