RECENSIONI

Lᴀ Vᴏᴄᴇ ᴅᴇʟ Rᴇᴄᴇɴsᴏʀᴇ

SCRITTURA VIVA

CON DON KONRAD TRA GLI ULTIMI

Il pronto intervento del Papa

Articolo pubblicato su quotidiano.repubblica.it

di Alessandra Ferraro

 

Esce dal portone di Sant’Anna appena si fa sera e guida un pulmino carico di viveri per i poveri di Roma. È il Cardinale Konrad Krawjeski, l’elemosiniere pontificio. Nei giorni scorsi è stato al centro di polemiche per aver riallacciato la corrente elettrica in un condominio romano. Sull’episodio non vuole aggiungere parole, ma solo portare a termine anche stasera una missione di carità. È accompagnato da un gruppo di volontari, persone che svolgono professioni diverse e che si ritrovano due volte a settimana per mettere a disposizione un po’ del loro tempo. C’è la dermatologa di un importante studio medico romano, il giovane gendarme vaticano, la giornalista, due suore, un sacerdote. Si conoscono appena, ma hanno un obiettivo comune per una sera: servire gli altri.

Il pulmino attraversa veloce il centro di Roma e punta dritto verso la stazione Termini. Qui l’elemosiniere pontificio arriva, parcheggia e, senza dire una parola, con rapidità inizia a scaricare cartoni di frutta, latte, tonno, prodotti sanitari, sacchi a pelo per la notte. Davanti all’ingresso della stazione lo aspettano centinaia di persone, uomini e donne che vivono in strada. Tutti sanno che ogni martedì sera qui, in via Marsala, arriva la mano caritatevole di Papa Francesco. «Faccio solo il mio dovere – precisa il Cardinale Krawjeski quasi nascondendosi tra la folla dei senzatetto accorsi da ogni angolo della strada – qui ci sono i volontari dell’elemosineria pontificia insieme alla comunità di Sant’Egidio e ai cavalieri di Malta. Ognuno contribuisce a fare del bene.»

Intanto la lunga fila di italiani e stranieri di ogni età si allunga sempre di più. Tutti con una busta in mano passano a prendere una banana, una scatola di tonno, un dolce, un piatto caldo, un cartoccio di latte. Ognuno ringrazia per quel sacchetto di plastica che pian piano si riempie e che sarà un pasto dignitoso almeno per una sera. L’elemosiniere stringe mani, conforta con un sorriso, controlla che la distribuzione di viveri e bevande avvenga con ordine e tranquillità. Così accade: è una povertà dignitosa, silenziosa, bisognosa di un gesto d’affetto, di una parola di conforto. La serata scorre via veloce. I cartoni si svuotano. Qualcuno cerca di rifare la lunga fila per prendere ancora qualcosa in più. Poi restano solo mani tese a cercare la solidarietà dei volontari che hanno oramai esaurito tutto. Quando la distribuzione è terminata, Don Konrad, come familiarmente lo chiamano queste povere persone, prende dal furgoncino una scopa e una paletta e si mette a pulire il marciapiede perché non restino rifiuti. Poi recita un’Ave Maria, intona il Regina Caeli e formando un improvvisato semicerchio tutti si uniscono nel canto di ringraziamento. Questa è la carità del Papa. «L’elemosineria» – aggiunge il Cardinale Krajewski – è il pronto intervento di Papa Francesco. Nel vangelo esiste solo oggi, non domani. Munirsi di bontà non basta. La misericordia sono le azioni concrete. Io non faccio niente di più. Distribuisco secondo la logica del vangelo. Il Papa mi dice sempre che il nostro conto e magazzino devono essere vuoti. Bisogna dare e venire incontro ai bisogni altrui».

Così i riti della distribuzione e dell’incontro si ripetono ogni martedì e giovedì, a Termini e a Tiburtina. Poi l’elemosiniere riparte con il gruppo dei volontari. In silenzio. Non c’è bisogno di parole per commentare i tanti volti incontrati lungo la strada, le tante storie di vita umana, che si nascondono dietro ad uno sguardo. Il servizio è questo: dare, non chiedere. Il furgoncino punta dritto verso Sant’Anna. Le luci della notte sono oramai scese. In meno di un quarto d’ora si rientra in Vaticano. Missione compiuta anche stasera. Don Konrad scende dal furgone, saluta e ringrazia uno ad uno i volontari, poi torna all’elemosiniera. Qui all’ingresso c’è una scultura in bronzo, raffigura un Cristo che dorme su una panchina. È avvolto da un mantello che ne copre quasi il volto. Solo i piedi portano i segni dei chiodi della croce. Nel suo anonimato sembra proprio richiamare quei tanti volti senza nome e senza casa incontrati poco prima a Termini.