ARTICOLO
IL FALSO FALLIMENTO, IL VERO SUCCESSO
a cura di Manila Tosto
Fallire. Una parola che è quasi un tabù. Non vogliamo sentirla, non vogliamo conoscerla, non vogliamo che ci riguardi. Eppure, lei prende potere nell'ombra, aleggia nei nostri pensieri, circola tra il detto e non detto della gente, senza che si possa arrestare. E prima o poi impatta, come un tir senza freni, proprio su di noi. Solo che è un tir dall’interno, un virus nascosto che fa danni, ma non si vede finché non si manifesta in tutta la sua potenza, appena qualcosa va storto. Nasce da molto lontano. Dal fraintendimento di un’intera società; da un potere forte che ha dettato le sue regole, creando un mostro. Di quelli che abitano sotto il letto o nell’armadio della nostra mente assuefatta al condizionamento. Non puoi afferrare un’ombra, se non la vedi. Ma puoi fare luce, affinché il suo volto sia ben visibile anzitutto a te, e poi, chissà, magari a qualcun altro. Allora invitiamo a un rendez-vous privato, in pieno sole, l’ombra del fallimento. Conosciamola e capiamo se è davvero chi dice di essere. Cos’è considerato oggi, questo famigerato fallire? Bisogna partire dai canoni dettati dalla società in cui si vive. E da quanto si è consciamente (o inconsciamente) legati ad essa: non avere un buon lavoro, non avere soldi, non avere una relazione stabile e felice, non avere figli, non avere una casa, non avere un bell’aspetto, non essere adeguatamente atletici, non essere famosi, non avere successo… Questi, tra i canoni più comuni, bisogni spesso indotti dal sociale. Ma non dimentichiamoci che potrebbero essere anche canoni strettamente personali. Nati nel corso del tempo della nostra vita, in base a ciò che abbiamo vissuto, e che ci ha fatto sentire fortemente inadeguati, magari fin dall’infanzia. Profondamente, al di là di tutte le nostre differenze, facciamo cose per sentirci accettati e amati. Per sentirci bene. Profondamente, anche chi non crede di essere così condizionato dagli altri, cerca il suo modo sereno di stare nel mondo. Ma lo cerca nel modo più costruttivo? Quelle mire che abbiamo o ci sono state inculcate, che ci fanno correre incessantemente sulla ruota del criceto, hanno veramente un senso? E soprattutto, una volta ottenuto ciò a cui abbiamo tanto aspirato, siamo davvero soddisfatti, o ne vogliamo ancora e ancora, senza mai raggiungere pienezza e serenità costante? Leggo ovunque due punti di vista. Il primo è sul come evitare di fallire. Laddove si dà al fallimento il ruolo del protagonista, il ruolo del comando. Perché ciò che eviti è ciò che ha potere su di te e, cercare tutti i mezzi per evitarlo, ti dovrebbe far capire che ci sei dentro fino al collo. Manovrato dai fili invisibili di ciò che vuoi fuggire. Il secondo, è su come rialzarsi quando hai fallito. Consigli molto utili sì, ma il fallimento ha ancora un ruolo di potere. È ancora il mostro nell’armadio, e si ripresenterà, costantemente. C’è un’altra prospettiva. Che non ha bisogno di evitare, nè di fronteggiare... Il fallimento, così come noi lo concepiamo, forse non esiste. Se imparassimo a dare valore alle cose che veramente e intimamente contano per noi, se ci liberassimo da tutte quelle sovrastrutture che ci fanno pensare di desiderare costantemente ciò che non abbiamo. Se ci guardassimo così come siamo, ci dessimo valore per il fatto stesso di essere delle creature viventi e al contempo vivessimo nell’energia naturale del momento, come ogni altra creatura del creato fa ogni giorno; l’idea stessa del fallire svanirebbe come un sogno al risveglio o si trasmuterebbe in “opportunità di conoscere le cose”, citando Foscolo. Con questo non voglio dire che non sia necessario guadagnare per vivere, o che i propri desideri e sogni non debbano essere sviluppati, o che non sia normale voler un compagno che ci ami o che possiamo amare… Solo che, non ottenerli, non è un fallimento, ma Vita, vita stessa. Che si srotola e dipana nello stesso atto di viverla. Non c’è nessun fallimento se ci metti tutta la tua bellezza, tutta la tua essenza. Vivi, amico mio. Dona il tuo meglio. Porta al mondo la tua personale voce, che non c’è bisogno che tu sia come qualcun altro. Vivere pienamente, è l’unica cosa che mai sarà un fallimento. Sarà il tuo vero successo. Vivi ogni attimo, bello e brutto, vivi ogni relazione perfetta o imperfetta, vivi ogni lavoro o mancanza di lavoro, vivi ogni emozione, ogni sguardo, ogni fiore, ogni canto. Vivere, è tutto ciò che devi alla vita.
NOTE BIOGRAFICHE
DELL'AUTRICE
Manila Tosto è una naturopata professionista certificata a Norma UNI; consulente del benessere nelle riviste RIZA "Dimagrire", "Salute Naturale" e "Antiage"; insegnante di materie inerenti al massaggio, floriterapia e aromaterapia; studiosa di personalità.