SAZIARE LA BULIMIA di Imma Venturo
Recensione a cura di Franca Mancini
Sfogliare l'opera narrativa di Imma Venturo, Saziare la bulimia, (Edito da Youcanprint, anno 2018) in un certo senso è come avere un déjà-vu letterario in cui si entra improvvisamente nelle situazioni di qualcun altro cominciando a capire che non siamo così diversi gli uni dagli altri. La ragione per cui leggere questo libro, infatti, non è solo quella di scoprire un disturbo alimentare quanto un problema di natura esistenziale: avere fame della vita! Lungo un percorso autobiografico, l'autrice descrive difficoltà e paure limitanti davanti al giudizio degli altri che si reputano più bravi e dai quali cerchiamo approvazione, per capire di che “pasta” siamo fatti; sempre in senso metaforico, per capire di che pasta vogliamo nutrirci per vivere e sopravvivere nella vita. Il cibo, come le azioni e le reazioni soggettive, non sempre nutre nello stesso modo, alla stessa età, specie nella fase iniziale e intermedia dell’adolescenza, contrassegnata dal continuo stravolgimento delle proprie emozioni e sensazioni. Se contraffatte dalla paura e dai pregiudizi, ci portano nel percorso di Imma e nella fase finale dell’adolescenza, che invece la vede provata da sentimenti di vuoto, di angoscia, abitudini distorte, delusioni, sentimenti di ostilità verso la figura materna, svilimento, abbuffate incontrollate e ricerca disperata di premi consolatori. Lei finisce in un inevitabile paradosso dove si ritrova a ‘masticare’ nello stesso modo di chi e da chi, invece, vorrebbe prendere le distanze: sua madre. Una simbiosi o una relazione affettiva che diventa sofferenza ma che poi si trasforma in desiderio di felicità e di indipendenza. Per conquistare o migliorare la propria autostima, la ragazza comincia a fare qualcosa di diverso e a scoprire i suoi punti di forza: accettare se stessa e gli altri oltre l'apparenza, percepire i suoi veri sentimenti nelle relazioni affettive, trarre sempre il positivo da ogni cosa e, infine, reagire in modo diverso dal solito. Fra le righe delle sue riflessioni, leggiamo anche il percorso terapeutico intrapreso in quel di Lodi, dal momento che matura la volontà di riscattare se stessa, passo dopo passo, storia dopo storia, tra un cambiamento e l'altro. Ogni situazione parla attraverso le pagine di un Diario e altre esperienze personali e familiari: fratelli, amicizie, sesso, alcool e amore. Il tutto condito dalla vulnerabilità dell'animo umano, altrui e personale, cadendo in una sorta di bulimia esistenziale e non solo alimentare. Descrive esperienze e conoscenze che la portano in un mondo sconosciuto, in una vita che appare strana e con mille sorprese, in cui si trova a vagare come nella nebbia, dove “sai cosa c'è ma non lo vedi” e ci sbatti la testa, anche se poi - aggiunge l'autrice - le inevitabili “crisi” possono trasformarsi in qualcosa di positivo, quando ci aiutano a “prendere consapevolezza di ciò che abbiamo dentro e ci fa più paura”. Questo e altro ci dice Imma: una ragazza in cerca di risposte alle molteplici domande e incertezze sulla vita. Si confronta con due parti di sé, una femminile e l'altra maschile, dove il primo dialogo che tra loro intercorre si apre sul conflitto tra il dovere e il piacere per poi trasformarsi in un’intesa reciproca orientata verso i più profondi e autentici valori, verso una pace interiore, dove “non esiste solo il bianco o il nero, ma anche il grigio”, anche se non per sempre. Tra alti e bassi, paure e incertezze, egoismo o altruismo, desiderio di perfezione o di accettazione, tornare o scappare dalle sue emozioni, amore o amicizia, desiderio e tradimento, si delinea una strada verso la luce, verso la guarigione, o meglio l'amore per se stessa. Durante il percorso di ripresa personale, si confronta all’interno di un gruppo terapeutico dove parlare e ascoltare sono due facce della stessa medaglia, dello stesso problema, condiviso e non più nascosto. Un problema che vive libero e lontano da ogni pregiudizio perché, come rivela una poesia trascritta dall’autrice, procede a “piedi”, lento e piano, permettendo di “conoscere le mille differenze della propria forma di vita, accompagnato da desideri immensi sigillati nel cuore e pronti ad esplodere”. Poi, senza guardarsi più indietro a come era, osserva i suoi progressi, i passi fatti avanti, si dice “brava” perché quasi pronta per il salto finale. Si propone di essere il capitano della sua nave e perciò della sua vita, anche se non è sempre facile, se qualche volta continua a cadere, a dubitare, a stare male. Quando torna la “paura”, quella di amare, di fare o di osare, Imma non cerca più il vecchio nutrimento ma solo se stessa e si rilassa, concedendosi pensieri sempre più positivi. Desidera comportarsi come una ragazza “normale”, senza nessuna voglia di rientrare nella sua realtà tormentata, che l'ha vista tentare anche gesti estremi per richiamare l'attenzione del mondo e non sentirsi più sola. Desidera e realizza nuovi modi di pensare e di comunicare, sempre più lontani dal passato, perché non ha più paura di se stessa e dei suoi difetti. Emotivamente e progressivamente impara a distaccarsi sia dalla famiglia che dal gruppo terapeutico che l'ha accolta per nove mesi, riconoscendo di aver “capito un bel po' di cose”, che “nulla è impossibile se lo vuoi”. Libera di volare, sceglie la propria strada da percorrere e si assume le sue responsabilità, decidendo di dire basta alle sue paure e di amarsi per quello che è. Se “essere una donna oggi è una sfida eccitante”, Imma l'ha accolta e affrontata con tutta se stessa; in tal senso, riconosce importanti cambiamenti dicendo “sono più tranquilla, rilassata, tollerante, decisa, forte, dolce, sorridente, transigente e pacata…”, erodendo le parti che la rendevano il contrario di ciò che è diventata. La vita poi, come accade, le mostrerà ‘altro’ - più o meno piacevole - ma lei continuerà a cercare altro, a fuggire dall'ombra della malattia e delle sue ricadute. Si convincerà che nessuno è libero dai problemi e proverà a cercare la felicità solo nelle sue mani. Un libro unico e speciale, di cui ci si può innamorare. Più di ogni altro approccio clinico e metodologico, il testo di Imma Venturo apre la via all'essenza dell'uomo e al suo essere persona, facendolo non solo attraverso un '“identità diagnostica” ma tra le pagine di un diario e di una storia.
INTERVISTA ALL'UTRICE
In quale momento della sua vita ha deciso di scrivere questo libro e perché?
In realtà all’inizio non era mia intenzione farne un libro, anche se varie volte ho scherzato su questa cosa, l'ho sempre chiamato il mio libro, ma in realtà nasce come diario del mio percorso di cura. Durante il mio ricovero, durato un anno in un CDA, ho confidato i miei segreti ad un diario, poi riposto nel cassetto, e ripreso nei cambiamenti importanti della mia vita. Poi è stato doveroso nei riguardi di me stessa, in primis, farne un libro. Il bello è arrivato dopo, perché il libro pensavo fosse un traguardo nel mio percorso di guarigione invece è stata la svolta, da li è nata la mia missione, ho trovato il mio senso, il mio scopo, per rendere questo mondo migliore di come l'ho trovato.
Che tipologia di lettore ha immaginato prima di pubblicare il testo?
In realtà c'era all'inizio molta inconsapevolezza sia sul lettore che sull'effetto che avrebbe elargito. C'era solo la voglia e la tenacia di riuscire a pubblicarlo, di aver trovato il coraggio di mettere in piazza quella che era stata la mia vita vissuta con la bulimia. L'intenzione è quella di rivolgermi ad un target specifico quale quello dei malati di dca, ma non solo. I lettori hanno fatto tutto il resto: letto, comprato, recensito, mi hanno scritto in privato e aiutato a chiarirmi le idee. Meraviglioso il miracolo che è avvenuto!
Riguardo al percorso di guarigione, quale messaggio vorrebbe lasciare ai suoi lettori?
Il primo messaggio è "NON SEI SOLO/A". La sensazione di solitudine è alla base, pensi di essere il solo ad avere quei pensieri distorti e distruttivi, pensi che sei la malattia, che non ne puoi uscire ma non è cosi. Il secondo messaggio "NOI SIAMO LUCE" e spero che il mio libro possa illuminare il cammino di tanti... insieme ora c’è il progetto "IL PARTO DELLA FARFALLA" nel quale ho creato un percorso di mentoring e supporto chiamato "IMPARA A VOLARE", percorso nel quale accompagno le persone dalla presa di coscienza alla costruzione di quella che io definisco "LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI", dove poter mettere gli attrezzi da usare nel momento in cui c'è il buio ed il cibo sembra l'unica luce possibile.
In base alla sua esperienza, con quali parole ridefinirebbe il problema e la sua diagnosi?
Alla luce del percorso di cambiamento e crescita personale posso affermare che nulla nella vita avviene per caso, certo non sto dicendo che ci meritiamo la malattia, ma che se riuscissimo a vedere dietro ogni esperienza, situazione che ci capita, il lato positivo, per esempio che quella situazione è arrivata per insegnarci qualcosa, che se le situazioni si ripetono, forse è perché non le abbiamo risolte, allora forse i pesi potrebbero essere più leggeri. Ovvio... è la mia personale opinione che non vale per tutti. Però dico sempre "Prova a guardare al di là della finestra, aprila, affacciati e vedi cosa c'è, vedi se ti piace, se non ti piace puoi sempre tornare indietro" inoltre aggiungo che una volta che sai non puoi più far finta di non sapere.
L'AUTRICE SI RACCONTA...
Il mio nome è Imma Venturo in arte Immita. Ho 40 anni, sono napoletana ma vivo in Svizzera da 6 anni. Ho un figlio, Alessandro, di 16 anni, che sto crescendo con tanti sacrifici e paure, questo dovuto anche alla mia infanzia poco felice. Provengo da una famiglia dove vigevano le parole lavoro e fatica prima di tutto... c’erano anche amore e condivisione, forse avrei voluto avere più amore ma non posso dire che sia mancato del tutto. Sono una persona semplice ma tenace, infatti, il fiore che mi rappresenta è il bucaneve. Quando ero una bambina mio padre e mia madre lavoravano molto, non ho ancora capito se per la sete di soldi o se per paura di diventare poveri, me lo sono sempre chiesta... quest’aspetto mi ha molto condizionato nella vita. Ho scelto di frequentare la scuola alberghiera per poter lavorare, guadagnare ed andare via presto. Ho fatto tanti lavori, anche due contemporaneamente. Circa 13 anni fa ho voluto fortemente una mia attività, rosticceria con piatti d'asporto, ma purtroppo ero giovane e presuntuosa, ed è andata male insieme al mio matrimonio. La cameriera è stata sempre la professione che mi ha caratterizzata di più, anche se sono anche cuoca, rosticciera. Sono partita da lì e oggi mi ritrovo a lavorare come OSS in Svizzera, ma non sono sicura ancora che sia la professione del mio futuro. Il percorso per trovare me stessa non è ancora finito... quindi… ce ne saranno di sorprese. Oggi lavoro in una clinica. Ho lavorato in reparto con malati di sclerosi multipla, un'esperienza forte che mi ha toccato profondamente. Poi ho scelto di lavorare in una casa di riposo... all'inizio la cosa mi spaventava ma ora sono contenta della mia scelta. Le persone anziane hanno un mondo da dare, è vero che ritornano bambini, ma hanno il loro “ZAINO” pieno e meritano il rispetto della loro dignità. Di ostacoli ne ho avuti davvero tanti, di treni ne son passati e li ho persi quasi tutti, sempre per le mie paure ed insicurezze. Ho quasi sempre ragionato con la testa su alcune cose pratiche e col cuore invece per quelle sentimentali, e mi è andata quasi sempre male. Per le ferite non risolte nella mia infanzia mi sono ammalata di una malattia subdola, la bulimia. È un disturbo alimentare che provoca un impulso irrefrenabile ad assumere cibo in grandi quantità, accompagnato da comportamenti di espulsione, associato a depressione e bassa autostima. La malattia ha avuto un ruolo chiave nella mia vita. Ma ad un certo punto mi son detta che, arrivata quasi alla soglia dei 40 anni, non potevo continuare a farmi del male, e a fare del male alle persone che mi circondavano. Ho iniziato seriamente a pensare a me, a concentrarmi per trovare la strada giusta per guarire. Di grossi ostacoli ne ho incontrati... a causa di persone false ed ipocrite. Per l’impegno e la mia determinazione oggi sto bene e sono una donna più serena. Una grande vittoria sulla vita è stata avere mio figlio Alessandro. La mia vita sarebbe diversa senza di lui sicuramente... quando diventi madre lo sarai per sempre, ed è per me un privilegio. Un’altra grande vittoria e rivalsa è stata sicuramente essere riuscita a convalidare il mio attestato OSS in Svizzera, aver imparato il tedesco, anche se lo devo perfezionare, e lavorare stabilmente. Un’altra vittoria è stata quella di essere riuscita a scrivere e pubblicare questo mio libro, che è anche la mia autobiografia dal titolo "SAZIARE LA BULIMIA". È un diario sincero del mio percorso di cura in un centro di disturbi alimentari.