MATILDE ALBERTIN: TRA RADICI ED INCENSO
GENERE: POESIA
RECENSIONE
«Io non sono un corpo, io sono un’anima che ha una parte visibile chiamata corpo» Paolo Coelho.
«Semplicemente credo che parte del Sé o Anima umana non sia soggetta alle leggi dello spazio e del tempo» Carl Jung.
Ritengo che queste due citazioni ben si sposino con il ragionamento che mi accingo a introdurre. Sia che si voglia abbracciare il discorso psicologico, filosofico o della cosiddetta credenza in una realtà altra, appare sempre più evidente l’insensatezza di considerare il nostro essere nel mondo come una esclusiva funzione materiale. Se è vero che siamo arrivati sulla terra con un corpo, è altrettanto vero che esso è la parte meno importante per il nostro processo evolutivo. E poiché il nostro cammino terreno non può essere privo di significato, altrimenti il nostro stare al mondo non avrebbe senso, è chiaro che il discorso sull’anima, sulla sua crescita ed evoluzione diviene prioritario. Non si può parlare di vita prescindendo, dunque, dall’anima o spirito. Di questa verità parla l’autrice Matilde Albertin nella sua silloge Tra radici ed incenso (Aletti edizioni, anno di pubblicazione 2021, pag. 108), silloge che diviene per la stessa poetessa quel viaggio, quel percorso necessario che la sua anima richiede ai fini della conoscenza. Ma si badi bene che la conoscenza in oggetto non è riferita a quel sapere limitato ai vari ambiti, ma è quella conoscenza che travalica i dati sensibili spalancandosi all’oltre.
Già il titolo della silloge porta all’attenzione del lettore due elementi: le radici, che ci fanno pensare al nostro essere terreni, e quindi alla nostra parte materiale, forza costitutiva di ogni essere umano; e l’incenso che è ciò che si sprigiona dalla stessa terra: ciò che si modifica, si evolve, disancorandosi dalla materia per intraprendere un viaggio libero, destinato in sostanza a ricordarci chi siamo. È la vita stessa, o meglio l’importanza di essa, che merita e necessita di essere conosciuta… come autoconoscenza e autoconsapevolezza. Per tornare a sapere chi siamo è necessario quindi spogliarci dell’ego, di tutto ciò che è materiale, per ritrovare l’essenza, elevandoci. Ognuno di noi, così come evidenzia nei suoi versi l’autrice, nasce autentico. Tale autenticità tuttavia man mano che cresciamo, assorbiti e plasmati da una realtà che tende, ad appiattire, a omologare, a conformare, finisce con l’eclissarsi, con l’addormentarsi. Spetta allo spirito risvegliare tale autenticità, che è poi quella che ci consente di ricongiungerci all’Uno, a Dio, al Tutto. Ciò che dobbiamo ricordare è dunque il nostro essere in connessione con tutto il resto, con tutto l’universo. La nostra anima ha una missione: viaggiare per ritornare all’Uno, alla sua casa originaria. Del resto già Platone parlava della metempsicosi: l’anima vagherebbe da un corpo all’altro, reincarnandosi in altri organismi umani, animali, vegetali o minerali, fin quando non si sia completamente affrancata dalla materia.
La poesia come tutte le altre forme d’arte, in quanto “infunzionale” consente di riconoscersi, di rincontrarsi con l’io originario. La nostra anima, in sostanza, sa già chi siamo, ma purtroppo lo ha dimenticato; ed è questa vita terrena che “cospira” affinché dimentichiamo. L’autrice con i suoi versi comunica quanto il risveglio interiore sia necessario affinché si diventi consapevoli. Non sarà mai possibile trovare pace all’esterno, né libertà, né felicità se non impariamo a coltivarle dall’interno, ascoltandoci e osservandoci. Lo stesso J. J. Rousseau scriveva: «Inutilmente cercheremo la felicità lontano e vicino, se non la coltiviamo dentro noi stessi». Se è vero che viviamo in un mondo caotico e disordinato, spetta a noi riuscire a trovare quell’ordine necessario. L’autrice giunge a tale ordine proprio grazie all’osservazione e all’ascolto di sé stessa. Immagini oniriche e rivelazioni si materializzano davanti agli occhi della Albertin che le narra nude, così come si presentano, a volte frammentarie, a volte quasi tangibili. I versi si rincorrono seguendo il libero flusso delle sue visioni che parlano un proprio linguaggio: primordiale, autentico, schietto. Quello che può sembrare un linguaggio costruito, artefatto è, quindi, in verità, il libero flusso del pensiero che segue solo sé stesso. È un flusso coraggioso, perché l’autenticità richiede di esserlo; ed è proprio in essa che l’autrice costruisce la propria realtà: «Io prendo la decisione / Di essere figlia della natura / Dell’acqua / Dell’aria / Terra / Fuoco / Etere / Affido il mio insegnamento / A loro / Ed i loro discepoli / La fede si fa viva in un’altra dimensione / Perdono loro / Perdono la mia rabbia e insoddisfazione / Perdono me stessa / Decido chi sono / Nella stanza non c’è più traccia del labirinto / Né più ci sono bestie infami / Solo io / La finestra / E la vita fuori. / Aprimi e collegami a tutto / Cara notte che mi svegli / Come un tornado distruttore. / Sono pronta alla conoscenza / Oltre il limite della finestra» (dalla poesia Realtà). È proprio nella poesia che l’autrice trova il coraggio di fidarsi di sé stessa, del suo sentire. La poesia diviene dunque maestra, punto dal quale partire, e allo stesso tempo possibilità che consente all’autrice il libero volo. La musa è al contempo Inizio (origine) e viaggio, come emerge dalla poesia che porta il titolo della stessa silloge: «Il perché è un mistero / Ma io sarò presto / Come un libro aperto; / con la costante crescita di radici nella mia vita / e il profumo intenso dell’Incenso acceso / il profumo della selvaggina / della natura profonda / che mi fa viaggiare meditando / e meditando sarò a casa mia / ovunque / nelle radici del mio sangue / della mia interiorità / sublime / Questo è oltre l’Inizio / È lo straordinario / Percorso / Dei cieli». Per chi desiderasse conoscere il mondo dell’autrice, ma anche decidere di intraprendere quel coraggioso viaggio alla ricerca della propria essenza non rimane che immergersi nei versi di questa esplosiva quanto veritiera silloge.
Loredana Angela
INTERVISTA
Come nasce l'idea di questa silloge?
L'idea della Silloge nasce “casualmente”. Scrivevo in età tenera delle piccole riflessioni filosofiche che illuminavano la mia coscienza a brevi verità di vita che neanche i genitori possono studiare, nessuno attorno a noi, oltre le nostre guide interiori. C'è qualcosa che non coincide quando non seguiamo i suggerimenti del libro della vita, ossia: – il costante contatto interiore che ci rende, ora fermi; ora sofferenti; ora turbati; ora in preda a sensazioni sublimi. Spiego ciò che mi ha portato a pubblicare il libro e scegliere il titolo Tra Radici ed Incenso: – Ero al mare e un giorno stavo seduda guardando il divenire, mi rilassavo in compagnia delle onde e vicino l'ora del tramonto una barca stava tornando, da lontano vedevo tre persone. Quando si sono avvicinate alla riva, vicino a me, parlavano di come l'entropia continui a farci delle sorprese spettacolari. Una di queste persone racconta un breve storia che adesso sintetizzerò: “Ho viaggiato molto nella mia vita e davvero, ho provato bellezza e qualcosa di simile alla felicità terrena e materiale, ma tutto ciò ho compreso quanto sia limitante lo stesso, mi sono accorta di voler vivere più intensamente nel mio essere interiore perché non avevo un io ma vagheggiavo solo di fronte a le belle sensazioni della vita materiale. Quando poi sono tornata a casa, “casualmente” ho visto un vecchio paesano seduto a meditare accanto ad un albero iniziare a parlare da solo allegramente. Poi, girandosi con lo sguardo quasi paradisiaco e sorridente nel vedermi, semplicemente dice: "Signorina! Il cielo è sempre più bello, Vuol fare una passeggiata con me in Paradiso?" Ecco, io, in quell'istante, sentendo le parole di questa ragazza che raccontava questa storia ebbi l'intuizione istantanea di narrare la mia di storia. L'Entropia non si ferma mai e noi umani abbiamo il privilegio di constatare tale realtà. Senza aspettative avevo deciso di far emergere tutto ciò che avevo appreso nel modo più sublime che ritengo sia la Poesia, perché più vicina al Regno del Cielo e dal cielo alla terra si muove in noi profondamente. Così nasce l'idea della silloge. Ringrazio dei “ marinai” e la storia di tale ragazza che probabilmente mai conoscerò.
Cosa significa scrivere poesie per Matilde Albertin?
Scrivere Poesia è un divertimento e una ricerca costante del Sè. All'interno di piccole parole mi ritrovo nell'infinità della coscienza collettiva universale.
Se dovesse usare tre aggettivi per descrivere la sua silloge quali sarebbero?
Tre aggettivi? Paradosso, cenere, silenzio.
Ha in cantiere qualche altro lavoro scrittorio?
Si. Sto scrivendo un'altra silloge direi più entusiasmante e ricca di storie di vita, ma ho un progetto veramente importante nel cassetto.
A proposito della sua silloge...
Rilevante è ricordare chi siamo ogni giorno della nostra vita, come narro nelle Sequenze “Rivelazioni”. Lascio agli spettatori decidere cosa sia importante per loro leggendo Tra Radici ed Incenso. Per me è stata una bellissima liberazione mettermi a nudo di fronte a voi.