PRIMA DI DIRTI AMORE: GIUSEPPE BERTON

GENERE: POESIA

RECENSIONE

Esistono stati d’animo, emozioni, che si caratterizzano per la loro unicità, l’estemporaneità di un momento, di una situazione particolare, che si imprimono nell’anima e lì rimangono saldi; si fanno una loro nicchia vivendo in eterno. E per quanto ci si possa sforzare di comunicarli, attraverso la parola scritta, la poesia, i versi, non saranno mai la copia fedele dell’originale. E questo non perché si è incapaci di trasferire il sentire dal piano del puro percepire a quello concreto del segno grafico, ma poiché quand’anche fosse trascorso un solo minuto dal percepire l’emozione alla scrittura, la sensazione sarebbe già mutata. Il ricordo aiuta a rivivere quell’emozione e ha l’unico scopo di mantenerla in vita; il come è un discorso soggettivo che è segno, impronta, di unicità. L’emozione attraverso il tempo si sedimenta, ha necessità di essere metabolizzata, ma non per questo, il renderla alla carta raggiunge un risultato meno pregnante. Metabolizzarne il senso è ciò che fa Giuseppe Berton con la sua Silloge, suddivisa in cinque sezioni – L’ultima sera dell’anno, Marocco, In un sospiro, Una volta ho scritto una poesia, Prima di dirti amore – e intitolata Prima di dirti amore (Aletti Editore, anno di pubblicazione 2021, pagg. 124) redatta sia in italiano sia in inglese. La capacità e la necessità di metabolizzare il vissuto sono particolarmente esplicite nel componimento Il treno e il pioppo, o meglio, nella nota esplicativa che il poeta ha ritenuto opportuno stilare a conclusione della stessa poesia, nella quale così scrive: «Pochi mesi fa, una mattina, all’improvviso… è venuta fuori rapida (la poesia), quasi d’istinto. Ma non come l’avevo pensata». Metabolizzare richiede il giusto tempo. Già dal titolo della silloge l’argomento tempo, o meglio la percezione di esso, appare predominante, così come emerge nella poesia dal titolo omonimo: «… ed il tempo passa, e qualche volta vola. // E pensavo come pensiamo il tempo, / che i fisici misurano, i poeti soffrono, / i religiosi credono infinito. // Io penso che il tempo è un’illusione, / è solo un’illusione di questa vita sconosciuta. / E vale meno di un bacio». Benché il tema centrale sia l’amore, sentimento in grado di cambiare il modo di vedere, sentire, percepire, tutto ruota attorno alla dimensione spaziotemporale che è sempre altra, soggettiva, rispetto al tentativo di imbrigliarla e categorizzarla in uno schema, in una definizione. Il tempo così, da oggettivo, col vissuto del sentimento, sfugge dalle sue gabbie per elevarsi, librarsi fino a divenire infinito: «… Guardavo il mio amore, / e sentivo le cose intorno, cambiare. / Sentivo lo spazio ed il tempo modificarsi, / come la gravità modifica lo spazio-tempo // intorno all’universo. / Dove lo spazio è diverso, dove il tempo è diverso. Dove il giorno è diverso. / Mentre guardavo il mio amore.» (Versi della poesia Un giorno). E tuttavia in questo modo “isolato” e personale di sentire, l’autore non si allontana da quelli che sono i crucci del mondo poiché il suo sguardo è onnicomprensivo ed i suoi versi non sono mai soliloquio sterile, riflessioni su sé stesso, esclusivo ripiegamento interiore, ma apertura d’orizzonti. Ecco che la poesia diviene attenzione agli ultimi e speranza, per poter superare ogni divisione, ingiustizia, discriminazione, possibile solo con un sentire aperto, empatico e accogliente, come emerge nella poesia Fratello: «Sono passato accanto / alla tua anima, / sospesa, dimenticata, calpestata. / Mi hai regalato brandelli / di una bandiera, ancora bagnati / dalle lacrime di domani. / Lotteremo insieme. / Perderemo insieme. / Vinceremo insieme. / …». Anche l’accostamento alla natura che l’autore esprime in diversi componimenti è anelito di speranza come nella poesia Il faro dove l’animo è paragonato al mare meraviglioso e terribile al contempo: «Il faro, sopra il mare, sulle onde / Sulle onde tormentate della mia anima, che cercano un posto dove riposare». L’approdo, l’autore lo trova negli occhi della sua amata, in quell’amore fatto di tenerezze, in quel periodo trascorso insieme, in quei baci, capaci di fermare il tempo in un attimo senza fine, come scrive nella poesia che porta il titolo della stessa silloge.

Un’opera poetica di raffinata sensibilità artistica resa ancora più dinamica dall’uso della figura retorica dell’anafora mediante la quale il verso risulta non soltanto più incisivo ma anche più musicale e ritmico alla lettura.

Alessandra Ferraro

INTERVISTA

Come nasce l'idea di questa opera? ​

Questo libretto poetico voleva riassumere alcuni pensieri, diciamo un pò sparsi, cercando di far emergere in qualche poesia una tonalità rock, legata alla mia passione per il progressive rock fin da ragazzo. E poi provare a farla coesistere con una lunga "suite" si direbbe in linguaggio musicale, dedicata alla Luna. Provare ad unire il pathos, o il tormento, leopardiano con il lirismo, sì moderno, ma forse altrettanto tormentato, tipico del progressive rock, era il mio desiderio. Forse non ci sono riuscito. Ma il solo provarci mi è molto piaciuto.

Cosa ha significato scrivere questo libro?

Forse una sensazione simile a quella del fornaio che prepara il pane, non so, vedere lievitare lentamente, cucinare nel forno a legna. Insomma la sensazione di una cosa vera. Solo che rivolta all'anima, alle sue emozioni.​

Quali sono i messaggi più significativi che ha voluto trasmettere con la sua opera?

Forse quando il mondo appare​ pìù confuso, più incerto, e la direzione meno chiara, trovare un filo, un'emozione, aprire l'anima a qualcosa di nuovo, almeno tentare, su di me è molto appagante. Forse anche consolatorio. Se poi questo filo, questa emozione, si trasmette da una persona ad un'altra, da un'anima ad un'altra, tutto diventa più bello.​ ​

​Ha in cantiere qualche opera similare?

Probabilmente sì. Anche se nello scrivere, ho la sensazione sia la poesia ad uscire da sola, quando vuole, come vuole. Devo cercare di stargli dietro, quando accade. E metterla sulla carta quando decide di venire. Il nuovo libretto poetico potrebbe chiamarsi Danza con me.​

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BIOGRAFIA 

Giuseppe Berton, nato A Zurigo, vive a Conegliano con Stefania, lavora come dottore in cardiologia, e come ricercatore. Principalmente si perde in pensieri persi. Altre volte corre maratone di piedi (incluse alcune delle più belle del mondo), trials montani o fa bici, o scia. È fondatore e presidente dell’ABC Study on Heart Disease Foundation-ONLUS per la ricerca sulla malattia coronarica e tumori http://www.abcstudy.foundation/website/en-gb/home-english. Lui pensa, che scrivere poesia è vicino al modo della pittura, stesso modo di mettere giù nella carta/tela i movimenti dell'anima e le emozioni ed i colori. Non serve dizionario per comprendere i versi. Basta il cuore per comprendere la lingua del poeta. Tutte le poesie sono state tradotte in inglese con cura e passione da Luisa Randon di Valdagno (VI) dove vive e insegna lingua e letteratura Inglese. Il suo giardino è la “stanza tutta per sè” di Virginia Woolf, un luogo dove sentirsi libera, creativa, circondata dalle emozioni. ​