SILVIA CERVELLATI: LA BELLEZZA DI MIA MADRE

ROMANZO

RECENSIONE

Liberatevi della zavorra, uomini! Lasciate che l’imbarcazione della vostra vita sia leggera, carica soltanto di quello di cui avete bisogno: una casa accogliente e qualche semplice piacere, un paio di amici degni di questo nome, qualcuno da amare e che vi ami, un gatto, un cane…

Jerome K. 

La vita può risultare a volte dura e difficile da affrontare, ma molto dipende dall’atteggiamento che assumiamo nei suoi confronti, dal modo in cui reagiamo agli eventi, dalla capacità di essere ironici, flessibili, e di fare esperienza di tutto ciò che accade imparando e migliorandoci. Spesso la leggerezza viene confusa con la superficialità. In verità la prima parrebbe quasi l’opposto della seconda, poiché consente di non struggersi di fronte ai problemi e di vedere nuove vie alternative di soluzione a essi. Faccio questa premessa in riferimento al carattere delle due sorelle descritte da Silvia Cervellati nella sua opera La bellezza di mia madre (Youcanprint edizioni, anno di pubblicazione 2015, pagg. 122). L’una l’opposto dell’altra affrontano la vita in modi differenti. Tamara più sbarazzina, di facile battuta, spesso sorridente; Yole invece più riflessiva e sensibile. Benché il testo sia stato intitolato dall’autrice La bellezza di mia madre, la madre in verità ha in questa storia un ruolo “marginale” pur giocando una parte importante per i sentimenti, le reazioni che si generano soprattutto nella figlia Yole. Il lettore si trova di fronte alla narrazione di quadretti di vita che sembrano slegati ma in realtà sono uniti da piccoli dettagli che in alcuni casi si rivelano importanti per le pieghe che prende la storia. Perché anche un gesto e una parola apparentemente insignificanti possono comportare delle reazioni a catena, provocando cambiamenti in altri momenti e su altre persone. La Cervellati quindi intreccia al tema principale una storia che fa da sfondo… e che potrebbe essere narrata come qualcosa a sé stante, se non fosse per piccoli particolari che al lettore più attento, di certo, non sfuggono. Non è tanto la suspense che genera la scoperta da parte di Yole di un possibile segreto che tiene il lettore incollato alla storia, quanto la capacità dell’autrice di ricamare sulle situazioni, rendendole vive, non soltanto attraverso l’ironia nei dialoghi, che di certo è un elemento importante per la riuscita del racconto, ma anche per quella sottile capacità dell’autrice di andare dentro i personaggi e di renderli alla carta così presenti che in alcune scene il lettore si identifica con i sentimenti di qualcuno in particolare, come ad esempio con quelli di Yole che frugando tra le cose della madre viene colta da quest’ultima con le mani nel sacco. Credo che la bravura dell’autrice sia da individuarsi soprattutto nella descrizione di questi frangenti. Il lettore si immedesima, provando imbarazzo, vergogna, disagio, proprio come chi sa di aver fatto qualcosa di sbagliato, al di là delle buone motivazioni che possono aver spinto il personaggio a fare quel qualcosa. La sorpresa per il lettore è anche nei repentini cambi di registro, o meglio nei passaggi da situazioni di quiete, di comportamento controllato, a esplosioni di disappunto e rabbia, come quando Tamara, nell’ascoltare una signora che racconta con nonchalance di maltrattamenti che infligge agli animali, diventando insofferente, si trasforma vomitando tutta la sua disapprovazione e dando una bella lezione alla signora che se ne va beffeggiata e irritata con la coda tra le gambe. Ma perché intitolare il romanzo La bellezza di mia madre, quando le protagoniste sembrano essere le due sorelle? Credo semplicemente perché l’unico amore puro sia quello incondizionato di una madre… Amore incondizionato che si manifesta spesso nel tacere su certe questioni, per evitare che i figli si preoccupino, per la capacità di saper leggere tra le righe e per quell’importante valore che è sempre più raro: il perdono. Al di là della bella storia raccontata dalla Cervellati, quello che stupisce è come l’autrice riesce a trasferire sulla carta emozioni, sensazioni, comportamenti che ci accomunano un po’ tutti, molto più di quanto si riesca a credere. Magari ci ritroveremo in quel personaggio che vuole solo attirare l’attenzione su di sé, monopolizzando gli ascoltatori o in quell’altro che tende ad analizzare nei dettagli tutto ciò che accade, anche il semplice stormo di uccelli che attraversa il cielo, o ancora in quello che anche dinanzi a situazioni serie riesce con le giuste parole a smorzare l’atmosfera… Bello il ritmo narrativo, così come le descrizioni. Una storia coinvolgente che scorre fluida e avvince il lettore, anche per la semplicità con cui è narrata. I protagonisti sono ben delineati e ci si immedesima facilmente nelle loro vicissitudini. Una nota di merito va sicuramente ai dialoghi mai scontati e divertenti. Un romanzo che fa buona compagnia e tanto ci insegna sulla leggerezza della vita.

Marisa Francavilla

INTERVISTA

Cosa ha significato scrivere questo racconto?

Ne La bellezza di mia madre la scena ha inizio in un mattino pallido e tranquillo, che all’improvviso si fa movimentato a causa della scoperta del furto di una zucca, da un giardino, nata lì per caso. Da questo evento un poco sciocco, se non banale addirittura, la storia prende piede andando a approfondirsi. Il quotidiano, quasi sempre, è molto meno insignificante di come apparrebbe a prima vista: sappiamo bene che, pur sguazzandoci continuamente, il vissuto di ognuno di noi è più profondo di quanto si possa immaginare.

L'umorismo vissuto è una cosa, altra è raccontarlo. Come riesce così bene in questa impresa?

Io credo che il senso dell’ironia faccia parte della personalità, come può esserlo la disposizione alla scontrosità o alla benevolenza. Il rischio di farne uso, in scrittura, può essere quello di non essere capiti, in tale frangente, da coloro che non ne posseggono: può capitare. Ma come rinunciare ad essere se stessi? Per la miseria… scriveremmo tutti cose allo stesso modo! E le vivremmo, anche, cosa che non è.

La diversità caratteriale come fonte di arricchimento...

Io credo lo sia sempre, anche se in certi casi può non risultare piacevole.

Perché una storia nella storia?

Perché io credo che noi siamo una sorta di scatole cinesi: l’involucro finale è il risultato dell’involucro di infiniti altri, per la durata dei nostri giorni in terra. La nostra formazione avviene attraverso il risultato di ogni vissuto; di come è stato e come da noi è stato percepito.

Attraverso il racconto passano messaggi importanti come il rispetto per gli animali. Quale il suo pensiero a riguardo?

Laudato sie mi’ Signore, cum tucte le tue creature. Inutile precisare perché Francesco sia il mio santo preferito: l’amore per la vita e la miracolosa bellezza di quanto ci circonda rendono degno, chi lo prova, di abitare questo mondo. Gli altri, sono barbari.

BIOGRAFIA

Di origini emiliane, Silvia Cervellati è nata a Ferrara ma risiede a Novara. Ha pubblicato i romanzi: Non posso dirti addio; Per chi non vuol sentire; Ritratti in uno; Rose!; Se non esistono gli angeli; La bellezza di mia madre; la trilogia Quando il Mare lascia Isole, Fatta di ripetute stelle e Sul ventaglio dell’acqua, riunita anche in unico volume dal titolo Quando il Mare lascia Isole - trilogia. Ha inoltre pubblicato le raccolte: Poesie d’amore; Nuove poesie; Notti e Giorni; Portati dal vento; Frammenti di vetro (poesie e racconti); Paralleli Senza e Liberazione.