CHRISTIE LACETTI: JAIL GUARD
STORIA DI UN UOMO E DEL SUO DESTINO
GENERE: THRILLER
RECENSIONE
Ben trecentocinquantasei intense pagine scritte dall’autrice Christie Lacetti per il suo thriller, Jail Guard – storia di un uomo e del suo destino (Maratta edizioni, anno di pubblicazione 2020), che intriga e convince anche il lettore più esigente. Non è il solito thriller, uno di quelli che lasciano col fiato sospeso, con colpi di scena eclatanti; e nondimeno la storia risulta ben organizzata, armonica e il tutto scorre piacevolmente. Protagonista è Jonathan Devenport, un poliziotto intenzionato a tutti i costi a scoprire quella verità che fatica a venir fuori dalle pagine. Il tempo di riferimento è il 1958. Il desiderio di dare una svolta alla sua vita e di offrire un futuro migliore ai propri figli motiva Jonathan a rispondere ad un annuncio di lavoro - al quale riceve riscontro - ad abbandonare New York e a partire quindi alla volta del Main. Nonostante il parere discordante della moglie (la quale con convinzione sostiene che da quegli ambienti si torna cambiati), i suoi avvertimenti e le inquietudini in relazione al posto in cui il marito è deciso ad andare a lavorare, Jonathan non si lascerà scoraggiare e, sicuro della sua decisione, raggiungerà il Main. Ad attenderlo sarà un riformatorio maschile, dove l’uomo dovrà fare i conti con una realtà dura ed inaspettata.
Regole e disciplina sono davvero usate da chi di dovere per rieducare correttamente e per guidare i detenuti ad una sana condotta? O sono solo armi in mano a chi con la legittimazione del potere da parte delle autorità potrà sfogare insoddisfazioni e aggressività? Jonathan, con l’aiuto di colleghi fidati sarà impegnato a scoprire l’identità di chi si è macchiato dell’omicidio di diversi ragazzi detenuti e di un secondino. Situazioni per nulla trasparenti contribuiranno a far insorgere dubbi ed interrogativi nel protagonista che si scontrerà con bugie, segreti, corruzione e violenza.
Al di là del fulcro del romanzo incentrato sulla soluzione del caso, ciò che attrae particolarmente l’attenzione è la descrizione del personaggio principale, dei suoi stati d’animo, delle sue riflessioni e azioni, tanto che ad un certo punto della storia si entra empaticamente nella vita di Jonathan. Interessante risulta la capacità descrittiva delle varie situazioni che si susseguono, così come l’attenzione ai dialoghi che costituiscono una componente importante di tutto il romanzo. Il linguaggio è semplice ma curato. La scrittura è suggestiva, scorrevole, dinamica, capace di dare realismo ai luoghi della vicenda e verità ai personaggi inventati; e la scelta di narrare la storia in prima persona è sicuramente azzeccata. Una vicenda parecchio ingarbugliata che terrà desta l’attenzione del lettore. Al di là della particolarità del caso da risolvere, è il lato umano a conquistare maggiormente, e il modo nel quale l’autrice lo presenta al lettore è molto interessante. Si sentono, si avvertono le emozioni con tutte le loro sfumature. Il ritmo crescente incuriosisce sempre più, cosicché le pagine si divorano coinvolgendo pienamente chi legge.
Intenso e accattivante, questo libro è in grado di regalare una lettura appassionante e anche di spingere a riflettere sia su certe verità presenti in questa narrazione e nella nostra realtà – che anche se è ben lontana da quella che si vive propriamente negli istituti di pena non può lasciarci indifferenti in relazione a ingiustizie e soprusi che si consumano in segreto, in silenzio, in quelle mura che non possono rimanere sorde e cieche – sia sulla fragilità di alcune persone e soprattutto su quanto di sordido esiste nella nostra società, perché purtroppo storie simili a quelle raccontate dall’autrice sono molto più frequenti di quanto si pensi. Ad un certo punto della lettura viene in mente la locuzione latina: qui custodiet ipsos custodes? Ed è con questo interrogativo e con tutti gli stati d’animo ad essa connessi che il lettore percorrerà tutto il viaggio narrativo.
Per chi desiderasse avventurarsi in un thriller diverso da tutti gli altri e avesse un po’ di tempo da dedicare alla buona lettura, il libro della Lacetti è sicuramente l’approdo perfetto.
Simona Fiorucci
BIOGRAFIA
Nata nel 1988 e da sempre alla ricerca del proprio posto nel mondo, Christie Lacetti non è una figlia d’arte. Una lunga carriera da lettrice accanita precede quella di scrittrice affiancata da un’intensa carriera di content creator. Dalla sua penna e da una sfida con se stessa nascono Jail Guard e Black Heart, due noir intensi e profondi pubblicati da una piccola casa editrice.
INTERVISTA
Come nasce l’idea di questa opera?
La storia è piuttosto singolare. Nel 2016 durante una chiacchierata con alcuni amici, ho menzionato la mia intenzione di pubblicare un romanzo. Ai tempi ho preso la cosa alla leggera ma tre anni più tardi, una casa editrice ha deciso di darmi una chance cambiando totalmente la mia vita.
Cosa ha significato scrivere questo libro?
È stato un lungo viaggio nella parte più oscura di me. Premetto che ai quei tempi ero profondamente delusa e insoddisfatta dalla vita, proprio come il protagonista del mio romanzo, e alla ricerca di qualcosa che mi desse uno stimolo ad andare avanti. Scrivere è stato la mia valvola di sfogo, la mia panacea e il primo passo verso una nuova versione di me più sicura e più felice.
Quali sono i messaggi più significativi che hai voluto trasmettere con la tua opera?
Ce ne sono molti: non bisogna mollare mai, neanche davanti alle difficoltà, la vita offre sempre seconde possibilità a chi crede in se stesso, una forte motivazione può tutto, anche davanti a chi non crederà mai in te.
A proposito del libro...
Il romanzo è il primo volume di una duologia. La seconda parte del romanzo sarà disponibile su Amazon fino al venti marzo.
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