RECENSIONI

Lᴀ Vᴏᴄᴇ ᴅᴇʟ Rᴇᴄᴇɴsᴏʀᴇ

SCRITTURA VIVA

SEI UN ESSERE SPECIALE - Donne e Uomini raccontano la generatività di Federica Storace

“Un parto senza doglie, ma non senza travaglio”

di Francesca Andruzzi

Sei un essere speciale – Donne e Uomini raccontano la generatività, di Federica Storace, Erga Edizioni, pagg. 232, non è un romanzo nella accezione più comune del termine. Eppure, in seguito alla lettura, si ha l’impressione di essersi imbattuti nel romanzo della vita. Quella vita reale, vissuta da Donne e Uomini che hanno combattuto per essa e al fianco della stessa per assicurarne lo scopo principe: la generatività. La conservazione della vita non è, spesso, ciò che si intende nel mondo occidentale, ma la perpetuazione di valori che, donati al prossimo e tramandati attraverso le generazioni, assicura alla vita di poter rimanere sé stessa senza correre il pericolo di trasformarsi in semplice sopravvivenza. E, come sempre, c’è dietro quella enorme responsabilità di ognuno: la scelta. La narrazione delle esperienze relative ai personaggi - che qui sono Persone - che la compongono appare quale Storia, ma, al termine della lettura - che qui si può ben chiamare assimilazione - emerge con prepotenza l’esempio. Le Donne e gli Uomini, descritti e raccontati da Federica Storace, hanno scelto di vivere - e non di sopravvivere – e tendono una mano per invitare se non a fare come loro, almeno a tentare. Sono persone che, in alcuni casi, non hanno fatto l’esperienza della maternità e della paternità, ma ugualmente hanno generato. In altri casi, si sono trovati, da genitori biologici, a comprendere che mettere al mondo un figlio null’altro richiede se non coraggio di scegliere, giorno dopo giorno. In tutti, però, il coraggio non prescinde dalla paura, dal timore. Non sono temerari, proprio perché ben consapevoli delle difficoltà che incontrano in questo loro lavoro per la vita. L’amore per la vita metabolizza le loro ansie, i loro smarrimenti, le paure. Non c’è nulla da fare, nulla da eccepire: è sempre e solo l’amore “che move il sole e l’altre stelle” a rendere possibile ciò che possibile sembrerebbe non essere. L’Autrice, a mezzo dei personaggi/Persone che hanno scelto la “generatività”, affronta temi importanti, complessi. Nonostante ciò, la lettura scorre fluida, non solo per lo stile; la capacità della Storace travalica anche la sua dote di fine scrittrice. Ella dimostra di accantonare quella smania di protagonismo che spesso affligge anche l’artista più dotato. Pone al centro, in pieno risalto le Donne e gli Uomini e si fa voce sempre presente, ma discreta. Una voce capace di non nascondere stupore per il suo stesso lavoro, che si meraviglia, si commuove, partecipa e si interroga. Quasi il compito che ha scelto, il libro che ha deciso di scrivere, le storie che ha voluto narrare siano una elaborazione ricevuta da una Committenza che non appartiene a questo mondo e che vuole inviare al mondo un messaggio forte e chiaro: la salvezza di ognuno non dipende dalla conservazione della propria esistenza, ma da quanto quella esistenza sia disposta a farsi pane per nutrire e far crescere altre esistenze. La generatività. Tutte madri, tutti padri, magari senza doglie, ma non senza travaglio, ché assicurare la generatività non è facile; richiede impegno, costanza, forza, volontà e, soprattutto, amore. Non è impresa da dèi o semidèi, anche se così potrebbe sembrare a chi dovesse avere timore di non riuscire. Anche Cristo - che per molti ha natura divina, ma sulla cui natura umana nessuno può dubitare - cadde tre volte sotto il peso della Croce, ma si rialzò per assicurare la Vita. Siamo tutti Cristo sotto il peso di una croce che, a volte, può essere troppo pesante. Ma non fu l’Amore a permettere all’Uomo di rialzarsi? La risposta è in questo libro: “Il vero amore ha un prezzo, chiede di entrare nelle spessore della Croce” “Ho vissuto e compreso il senso di dare la vita nel senso più ampio e pieno del generare”, scrive la Storace nella dedica che apre l’Opera. Dare la vita, donare la propria vita anche senza morire in senso fisico, ma in quella trasformazione che porta a perire quella parte di noi che resiste nell’egoismo o, più semplicemente, nella paura di non essere in grado di generare. La cura dell’altro, come cantava Franco Battiato, tanto caro alla Storace, deve essere concreta, fattiva. Come? Sufficiente vedere sempre nell’altro “un essere speciale”. Quando parla della “Follia”, il primo dei temi affrontati nell’Opera, la Storace la descrive come mistero: il mistero della follia. Cita Alda Merini, riporta la bella canzone di Simone Cristicchi (“Ti regalerò una rosa”), per ricordare i tempi bui, più bui di quelli attuali, nei confronti del disagio mentale. E racconta di Nausica Muzio Ravina, psicologa e psicoterapeuta, impegnata nell’ospedale psichiatrico di Genova, autrice de “I fantasmi gentile nel castello della follia”. Nausica, “madre dei suoi pazienti… madre di matti che sembravano cose ed erano persone”. Uccidere un punto di vista errato per andare incontro alla generatività. Ecco cos’è morire per gli altri. Nausica è solo una dei molteplici personaggi/Persone (più meno noti, a volte sconosciuti) che la Storace ha incontrato, personalmente, telefonicamente, tramite i loro scritti o nei ricordi di altre Persone e non solo in tema di Follia. Federica Storace ci conduce nella Disabilità, nella Schiavitù, nella Prostituzione, nella Resistenza Partigiana, in Africa (un tema più che un Continente), nella Tratta Umana per arrivare all’Ultima cena con una intervista impossibile alla maniera di Umberto Eco: nella Firenze del 1500, scopriamo Pulissena Margherita Nelli, figlia di un ricco mercante, costretta a farsi suora ancora bambina. Con il nome di Suor Plautilla saprà generare una nuova vita per sé e per la storia dell’Arte. I suoi dipinti sono il frutto della scelta di Suor Plautilla di non arrendersi a un destino che non ha scelto e, proprio per questo, decide di scegliere, contro tutto e contro tutti, aprendo una bottega di pittura all’interno del convento che non solo donerà al mondo opere di indubbio rilievo artistico giunte sino a noi, ma lo renderà autonomo e autosufficiente dal punto di vista economico. L’Opera della Storace è arricchita da qr code che offrono al lettore, grazie alla moderna tecnologia, la possibilità di poter assistere a filmati, interviste e molto altro. Poiché il libro della Storace è una vera sorpresa, meglio è non rivelare troppo. Anche se una cosa va detta: in seguito a questa lettura, difficile sarà restare nella stessa posizione. O meglio… sulle stesse posizioni. 

INTERVISTA

a Federica Storace autrice dell'opera Sei un essere speciale

Si può dire che Lei abbia generato, più che scritto, questo bellissimo libro. Come madre di esso, oggi che lo consegna ai lettori, quasi accompagnasse all’altare un figlio nel giorno del matrimonio, può descrivere il suo stato d’animo?

Naturalmente sono molto felice. Anche se felicità, serenità sono parole che, di solito, uso con molta attenzione perché, in un mondo inflazionato di parole, rischiano di perdere la coerenza rispetto al loro vero significato. Meglio dire: sono emozionata. Perché ho visto davvero crescere, pagina dopo pagina, questo libro come un figlio. Ora posso ricordargli che ci sono sempre ma è giunto il momento che percorra la sua strada. Sotto il mio sguardo, pur non sapendo quale sarà il percorso, la via, i semi che lascerà al suo passare… È una conclusione che dà vita a un nuovo inizio. Un dono a tanti altri come lo è il generare. Un libro, soprattutto come questo, non è una semplice soddisfazione personale ma il desiderio di condividere un percorso, a volte sofferto, che mi ha arricchita, cambiata. Mi sembra, per quanto ho potuto constatare fino ad ora, che questo… figlio, nato dall’unione della mia passione per la scrittura con le tante storie narrate, numerose vite che si sono intrecciate alla mia, stia camminando per bene!

Tra i personaggi/Persone che ha incontrato, personalmente o virtualmente, chi è quello o quella che le ha dato… uno schiaffo all’anima?

Sono stati quasi tutti a dir la verità. Credo sia uno dei tratti originali di questo libro quello di… prendere a schiaffi l’anima di chi legge. Mi hanno colpito Vittoria ed Edy, con i rispettivi mariti, forti e determinate a combattere per le loro figlie dalle ali spezzate pur in modo diverso, toccare con mano i pregiudizi che ancora esistono quando si parla di malattia mentale, disabilità o vita religiosa. Mi ha favorevolmente sorpreso il coraggio tenace, da cui traspare anche un’immensa tenerezza, degli uomini che si sono presi cura di figli non loro come d. Domenico Ricca, d. Luigi Zoppi, d. Tarcisio Faoro, Domenico Chionetti, Marco Barnieri, Giordano Bruschi. Ho scoperto la decisa volontà di non arretrare, neppure di un centimetro, ad ogni traguardo raggiunto dalle donne che si battono per difendere altre donne come Alessandra, Sr. Eugenia e le altre il cui vero nome deve rimanere protetto da pseudonimi. Mi ha fatto sentire piccola, piccola rendermi conto di ciò che fanno laici e religiosi, in altri continenti, insieme, camminando al passo di altri popoli e culture, per offrire opportunità di crescita e sviluppo autonomi che, spesso, siamo proprio noi a sottrarre ed impedire, inconsapevolmente o meno. Insomma: uno schiaffo dopo l’altro! Credo mi abbiano fatto anche bene.

Il Terzo settore, il mondo del volontariato, cui ampia parte del libro è dedicata, ha una grande importanza, specialmente in Italia, al punto che esso, spesso, supplisce alle carenze dello Stato, anziché, come sarebbe più giusto, affiancarlo e supportarlo. Secondo Lei, in futuro, potrà cambiare qualcosa in questo senso? E se sì, come?

Mi auguro che cambi perché il volontariato ricopre un ruolo importantissimo, credo che continueranno ad esserci tante persone che sceglieranno questa strada per dare il loro “contributo” alla società ma non trovo giusto che le istituzioni non si facciano carico di ciò che loro compete di dovere. Un’attenta rilettura dei Principi Fondamentali della nostra Costituzione sarebbe più che sufficiente per tracciare un ottimo percorso da seguire. Come non lo so anche perché non credo esistano “ricette” pronte, valide per tutti i contesti e le situazioni ma vanno migliorate le norme, penso ad esempio a quelle sulla tutela delle donne vittime di violenza per fare soltanto uno dei tanti esempi. Sono necessarie riforme coraggiose in tutti gli ambiti, la saggezza di investire bene e onestamente le risorse economiche. Ma soprattutto serve che le istituzioni, la politica, la società civile, lo Stato, parlando in modo più generale, “rovesci” l’approccio iniziale. Al centro va messa la persona con tutte le sue esigenze, i diritti e i doveri. La persona che fa parte di una collettività. Perciò dignità e cura della persona, solidarietà, una cultura del rispetto e non dell’urlo, la promozione dell’istruzione e dell’educazione delle giovani generazioni, un più ampio spazio effettivo per le donne al di fuori dell’ambito familiare, la collaborazione invece della competizione, il darsi da fare per il bene comune trovando, al di là delle diverse posizioni o ideologie, i punti in comune e non quelli di divergenza.

Sembra impossibile, ma c’è un fil rouge che lega tutti i personaggi/Persone che si incontrano nella sua Opera, dai genitori che vedono la loro figlia ridotta allo stato vegetativo per colpa di un’onda marina a Don Gallo. Può spiegare ai nostri lettori da chi o da cosa essi sono uniti?

I fil rouge sono due. La generatività, richiamata nel sottotitolo, perché tutti i protagonisti e le protagoniste di questo incredibile viaggio hanno in comune la capacità di saper generare la vita persino nelle situazioni in cui la morte sembra mettere la parola fine ad ogni speranza. Una generatività che non è soltanto quella fisica ma va ben oltre questa dimensione e si coniuga in tutti i modi e i tempi del verbo amare. Poi la cura, richiamata dal titolo, la famosa canzone di Battiato. Perché in una realtà sempre più indifferente, egoista, sprecona ed ipocrita, bisogna tornare a prendersi cura gli uni degli altri in modo concreti altrimenti non abbiamo futuro e non ne costriamo per le giovani generazioni.

Colpisce la frase di Suor Eugenia Bonetti: “mettere in comune la povertà per creare ricchezza”. Sembra un ossimoro! Eppure Suor Eugenia non solo afferma ciò, ma dimostra che è realmente possibile. Secondo lei, siamo tutti più poveri perché più soli?

Sì. Credo che la solitudine, il non sentirsi amati, il percepire di essere un peso, un problema soprattutto da parte di chi è più fragile per i più svariati motivi (e, in questo momento, ci sono davvero tante cause di fragilità), sia la povertà più autentica. Anche perché, pur sapendo che è ancora tanto importante il “possedere”, mi sembra che la società del benessere stia andando in crisi anche nella vecchia e agiata Europa. Basta pensare all’aumento delle persone che si ritrovano in uno stato di povertà o sulle soglie della povertà non tanto lontano da noi ma nelle nostre città.

Tra i temi trattati nel libro, qual è stato per Lei di maggiore impatto emotivo?

Il mondo della follia. Perché non lo conoscevo. Ho sperimentato un’umanità ed una sensibilità così profondi da chiedermi chi sono realmente i “matti”. Quelli bollati da una diagnosi o noi che non abbiamo i loro occhi con cui guardare il mondo?

Concludiamo questa intervista con una frase di Thomas Merton che lei riporta nel libro e per la quale molti dovranno ringraziarla: “Il tempo corre, la vita sfugge tra le mani. Ma può sfuggire come sabbia oppure come seme”. Dipende sempre da noi la scelta tra sabbia e seme, oppure crede che talvolta si possa seminare anche inconsapevolmente?

Sì, siamo sempre noi che scegliamo. É la grande bellezza della libertà e della sua altra, imprescindibile faccia, quella della responsabilità. Per fare qualsiasi cosa possiamo trovare strade o cercare scuse dice un famoso proverbio. Perciò lasciare, al nostro passaggio, sabbia o semi sta a noi. La sabbia fa avanzare i deserti, i semi fanno fiorire campi fecondi e questa enorme differenza non riguarda solo noi ma coinvolge tutti coloro che incontriamo nella nostra vita. Credo si possa seminare anche inconsapevolmente, con il nostro vivere, soprattutto nei confronti dei ragazzi, dei giovani che guardano “chi siamo” e non “ciò che diciamo”. Fatti, presenza, consapevolezza sono semi, le “parole soltanto” sono sabbia destinata ad essere portata via dal vento. Questo libro, costruito con parole (e non solo perché ci sono anche i contenuti multimediali perciò musica, immagini, video, poesie…) palpita di vita, di gesti di cura, di presenze tangibili che hanno finito per unire la mia vita a quella dei protagonisti di cui ho narrato la storia. Unire davvero! Siamo in costante contatto e condividiamo la nostra quotidianità e il viaggio di un figlio che non è più soltanto mio nel senso più vero di questa immagine che abbiamo usato. Grazie per questa bella intervista. Le domande sono state una bella occasione di riflessione.

BIOGRAFIA

Federica Storace, insegnante di Lettere e Filosofia, vive e lavora a Genova. Sposata, madre di due figli, insegnante, impegnata nel volontariato educativo, autrice. Ha pubblicato due romanzi ad ispirazione autobiografica. Nel 2007 La famiglia non è una malattia grave, San Paolo Editore, nel 2010 Banchi di squola, Macchione Editore. Impossibili ma non troppo... storie di cuore e fantasia, 2017 Editrice Elledici, è la sua terza pubblicazione, la prima a quattro mani, con sr. Anna Maria Frison. Si tratta di una raccolta di storie, per lettori di tutte le età, grazie alla quale l’autrice ha organizzato diversi laboratori che hanno favorito significative ed originali esperienze nell’ambito di numerose manifestazioni culturali. Finalista all’edizione 2019 del Premio Letterario La Quara con la short story Posta, Europa e inaspettate avventure. Ha pubblicato, con Placebook Publishing Editore, Roma, 2019, il libro, Sialla e poi splendi, con cui racconta e si racconta ai suoi lettori attraverso nuove storie, questa volta istantanee dei giovani d’oggi, in una realtà fatta di numerose contraddizioni ma comunque colma di attese e sogni da cogliere e realizzare. Impossibile ma non troppo e Scialla e poi splendi hanno ricevuto il Premio Speciale alla DIDATTICA PER IL LIBERO PENSIERO all’edizione 2020 del Premio Letterario Internazionale Città di Sarzana. Alcuni suoi racconti e poesie sono stati selezionati ed inseriti in diverse Antologie nel 2019 e 2020. Madri per sempre. Donne raccontano maternità possibili Erga Edizioni, Genova, 2020, rappresenta una nuova esperienza per l’autrice che unisce saggistica, autobiografia e intervista in una pubblicazione originalissima che si configura come un viaggio nell’universo femminile e nelle multiformi dimensioni della maternità. Madri per sempre, nel giro di un anno, si è aggiudicato diversi riconoscimenti: al Premio Letterario Internazionale “Tra le parole e l’infinito”, nella Sezione “Pianeta Donna” del noto Concorso “La Tigulliana Santa Margherita Ligure Franco Delpino 2021” e il secondo premio al Concorso letterario artistico “Manuel Foderà”, Catania. Con la poesia Madre e figlia si è classificata prima al Concorso “Madri allo Specchio” promosso dall’Associazione Cultura al femminile in collaborazione con “Gli scrittori della porta accanto APS” e AIL Sassari. È uscito, sempre per Erga Edizioni, Sei un essere speciale. Donne e uomini raccontano la generatività, il viaggio di Madri per sempre che continua con una visione più ampia sul mondo della generatività. Il libro è arricchito da circa cinquanta contenuti multimediali, accessibili attraverso l’app gratuita Vesepia, che lo rendono ancora più completo, fruibile ed originale. Il testo è stato appena presentato al Salone del Libro di Torino ed è “protagonista” di numerosi eventi di promozione. Azzurra e la sua straordinaria avventura. Il ladro di sogni, racconto per ragazzi, impreziosito da splendide tavole di fumetti realizzate da Nadia Basso, edito da Tomolo Edizioni, è la sua sesta pubblicazione, è una storia per giovani che ha molto da dire anche agli adulti. Un libro intenso per lettori di tutte le età. È arrivato al terzo posto al Concorso “Arcola un borgo da favola” di quest’anno. In uscita, nei prossimi mesi, anche un nuovo racconto per adolescenti (adatto anche agli adulti), sempre edito da Tomolo Edizioni: L’enigma delle parole prigioniere.